“Tale compiuto godimento del quarto stato[1], la condizione fatta del meravigliato assaporamento di esso, si invera in colui che è concentrato nel grande yoga”…
“È uno sgorgare continuo di sbalordimento, all’interno del sé che è beatitudine illimitata, incolmabile, sempre più intensa”.
“Nient’altro che questo sono gli stadi dello yoga – ossia del diventare uno con la suprema realtà”… “Quando il sé per mezzo del sé viene conosciuto dagli adepti, allora il sé vede in sé lo stupore”. “Chi sta come immerso nello stupore, contemplando la vera natura propria come quella che a tutto presiede, come può essere ancora soggetto a questa dolorosa trasmigrazione?”
Vasugupta[2]
Come ho ripetuto già molte volte in altri scritti, la Psicologia Transpersonale abbraccia e interpreta in chiave moderna aspetti essenziali delle tradizioni mistiche, rivolte all’autoconoscenza e alla liberazione.
In Occidente già nei primi decenni del secolo scorso C.G. Jung aveva colto il profondo significato che i miti e i simboli delle religioni avevano per la psiche di cui oltretutto erano la più significativa espressione. Per la salute mentale era quindi consequenziale l’importanza della comprensione e integrazione di queste istanze inconsce.
Da allora migliaia di studi hanno validato l’importanza terapeutica delle esperienze interiori indotte da stati meditativi in dimensioni transpersonali.
In seguito alla pubblicazione del “Libro Rosso” (avvenuta per volere di Jung cinquant’anni dopo la sua morte), Hillman e Shamdasani nel libro “Il Lamento dei Morti”, 2014, si domandano che cosa sarà della psicologia dopo le rivelazioni rivoluzionarie di quest’opera che dimostra che ciò che per Jung fu autenticamente terapeutico e trasformativo non furono la comprensione e l’accurato studio di tutte le simbologie religiose, ma il vissuto esperienziale nel quale, in profondi stati onirico-meditativi, si era confrontato direttamente con queste figure archetipiche. Tutte le antiche tradizioni sapienziali fanno riferimento a stati di coscienza che implicano il contatto con il numinoso, la trascendenza dell’ego e quindi la liberazione dall’angusto mondo del pensiero condizionato di cui l’umanità è prigioniera[3].
La ricerca di questi stati di risveglio della consapevolezza, che svelano una realtà “spirituale” dietro il velo delle apparenze “materiali” e “mentali”, accompagna l’uomo da tempi remotissimi: dalle tradizioni sciamaniche alle tecniche dell’estasi, alle iniziazioni egizie, ai culti di Apollo e Dioniso, dai Misteri Orfici alle iniziazioni di epoca greco-romana, dall’alchimia volta alla trasformazione dell’individuo sino all’occultismo rinascimentale.
I più grandi personaggi della storia erano molto spesso degli iniziati a questi culti esoterici e da essi attingevano le conoscenze di ordine superiore. Per quanto riguarda le religioni dell’Occidente si è riconosciuto che esse svolgono due compiti radicalmente differenti: uno è rivolto al sostegno dell’io, l’altro, cui solo una minoranza accede, è invece diretto alla trascendenza e distruzione dell’io, cioè all’accesso esperienziale allo Spirito che conduce ad una trasformazione radicale del vissuto.
Le filosofie e le religioni dell’Oriente sono da millenni portatrici di metodi e pratiche che non comportano la fede o l’obbedienza a ingiunzioni morali, bensì tendono alla trasformazione della coscienza degli individui.
Tali pratiche alterano l’ordinaria percezione dualista e hanno lo scopo di condurre all’Unità con il Sé Universale liberando l’essenza spirituale del cercatore dai veli dell’ego che offuscano e dividono la realtà nei dualismi che nascondono il vero Sé.
Conferme scientifiche e applicazioni terapeutiche
Stanislav Grof, nel suo recente lavoro: La Via dello Psiconauta, Enciclopedia del viaggio interiore, 2022, fa una sintesi di 60 anni di ricerche dapprima con LSD e in seguito con la Respirazione Olotropica[4], e definisce le esperienze di trascendenza ed espansione della consapevolezza in dimensioni psichiche non ordinarie: “stati olotropici”, cioè stati che tendono all’esperienza dell’Unità.
Grof descrive una vasta fenomenologia che ha verificato attraverso una lunga esperienza clinica e accurate ricerche in contesto medico-scientifico che ne confermano aspetti terapeutici strabilianti. Accurati studi scientifici infatti, hanno dimostrato che i risultati non solo sono molto più rapidi, ma spesso anche più profondi e stabili rispetto alle pratiche terapeutiche convenzionali.
La realizzazione del Sé conduce l’ego alla dissoluzione nell’Unità non divisa della coscienza ed è quindi il più potente catalizzatore di stati di benessere psicospirituale. La radicale trasformazione della prospettiva con cui ci si rapporta alla vita in modo più autentico e spontaneo si traduce infatti in salute psicofisica.
Questa consapevolezza interiore comporta il riconoscimento di una realtà definita “esoterica”, che per incomprensione di questo termine è spesso screditata da chi ha un approccio essenzialmente materialista alla realtà.
Il termine “esoterico” rimanda a conoscenze segrete, che non possono essere comunicate a chi non è pronto a riceverle e questo per molti pare costituire una prova di inattendibilità, anche se ormai i risultati benefici di queste esperienze sono stati dimostrati anche dopo il vaglio dell’approccio scientifico di tante recenti ricerche. In realtà tali conoscenze sono apertamente trasmesse da secoli, ma rimangono segrete solo perché non sono comprensibili dalla angusta prospettiva di quello che si considera lo stato di coscienza ordinario. Invero questo stato ordinario in cui comunemente vive l’uomo è uno stato di offuscamento in cui non si accorge di essere prigioniero di una rete di pensieri e concetti che gli impediscono di vedere la Realtà con mente attenta e sgombra, cioè di incarnare la prospettiva in cui ci si trova quando, grazie alla libertà interiore, si è nel flusso spontaneo del vivere. L’uomo di solito vive inconsapevole di sé ed è vittima dell’ego immagine che crea falsi problemi, conflitti, contraddizioni e frustrazioni, che sono tutte creazioni di una mente confusa che non è correttamente diretta. In questo stato di frammentazione mentale l’individuo non è in grado di assaporare la magia e la bellezza del vivere con creatività spontanea. Per questo tali dimensioni coscienziali, che sono aspetti fondamentali degli strati più profondi e autentici del vivere, rimangono sconosciute o considerate fantasie irrealizzabili. Il fatto è che realizzare il significato di questi insegnamenti attraverso il pensiero ed i convenzionali processi mentali è come cercare di sfamarsi imparando a memoria delle ricette di cucina. La capacità di percepire il nostro stesso Sé, nella sua realtà immediata e non concettuale, è il nucleo essenziale dei cammini iniziatici che implicano pratiche per superare i condizionamenti mentali. Gli insegnamenti, quindi, sono solo un’indicazione di direzione che può condurre all’esperienza e alla rivelazione dell’Unità, se sappiamo percepire con chiarezza quanto indicato.
Guardando senza il filtro del pensiero nel vuoto del nostro Sè scopriamo la realtà indivisa di vuoto e forma, io e Cosmo, l’Uno che diventa i molti e i molti che sono Uno. Il mondo ci appare come una rappresentazione sullo specchio ineffabile della Coscienza, il testimone senza forma che risiede oltre il divenire, oltre lo spazio-tempo e che trascende e contiene spazio e tempo, dualismo e non dualismo.
A Bhairava (Shiva), la cui natura è uno stato di protensione interiore essenziato dell’emergenza della intuizione suprema, inerisce una certa, indefinibile potenza, la potenza di Libertà.
Da molti anni, nell’ambito della Psicologia Transpersonale, studio il valore terapeutico delle tradizioni orientali e in particolare dell’Induismo con il Tantrismo e Kundalini Yoga, che ho integrato con tecniche di respirazione che alterano lo stato di coscienza (il Rebirthing Transpersonale). Nel Vedanta non dualista ho trovato meravigliose definizioni del Sé, e della sua identità con Shiva (realizzare il Sé è la suprema “guarigione”, liberazione e risveglio). Su Shiva si sono scritti centinaia di volumi e i suoi 108 nomi lo definiscono in innumerevoli forme: Signore dello Yoga, Dio Supremo, Pura Consapevolezza, Luce invisibile, Signore della Natura, distruttore del dolore, Signore degli Dei, signore di tutto ciò che è, ecc. (Shiva ha anche il nome di divinità femminili). I filosofi dell’India hanno per millenni tentato di descrivere la Sua realtà paradossale e incommensurabile che si manifesta negli archetipi che lo rappresentano. È infatti una perfetta integrazione di aspetti opposti: è l’asceta erotico, a volte androgino, è rappresentato dal Lingam, principio creatore e fallo eretto, oppure lo yoghi che incenerisce Kama dio del desiderio, è il distruttore dei mondi, ma ne è anche il creatore e il sostenitore.
Mi fermo qui perché si potrebbe andare avanti all’infinito a descrivere storie e miti che lo rappresentano. Per comprendere in modo più diretto l’essenza di Shiva le indicazioni più chiare le ho trovate nella “Ribhu Gita” che è la Gita di Shiva (come la “Bhagavad-Gita” è la molto più conosciuta Gita di Krishna).
Il grande mistico Ramana Maharshi, che è uno dei più alti riferimenti della più profonda spiritualità indiana, spesso citava questo libro in cui aveva trovato una descrizione corrispondente alla sua spontanea esperienza di risveglio che da ragazzo lo aveva condotto ai più profondi stati di Samadhi nell’Unità con l’Assoluto e radicalmente trasformato la sua vita.
La Ribhu Gita conduce il lettore a comprendere che Shiva è Coscienza-Consapevolezza che permea ogni cosa ed in cui ogni cosa ha luogo. Il lettore stesso giunge a comprendere che la sua identificazione con la mente e il corpo è un’illusione e, scartando i fenomeni esteriori, può giungere a comprendere che la coscienza indivisa è la sua vera Natura e quindi riconoscere la sua identità con Shiva. La Coscienza è obiettivamente il substrato di ogni cosa, la sostanza immateriale e lo spazio invisibile in cui ogni fenomeno è contenuto. Il sorgere della coscienza-consapevolezza è infatti condizione indispensabile perché si possa testimoniare l’esistenza di alcunché.
L’apparire dell’io cosciente è contemporaneo e inseparabile dall’apparire del mondo fenomenico, l’uno non esiste senza l’altro. L’insegnamento porta ad un successivo livello ancora più profondo nel quale anche questa realizzazione si rivela solo una tappa di passaggio. Solo i grandi Maestri come Sri Ramana Maharshi o Sri Nisargadatta Maharaj, o Sri Herakhan Baba, e pochi altri, conducono alla trascendenza del Sé, mentre la maggior parte dei cammini spirituali si fermano alla coscienza del piano causale.
“Tu sei questa coscienza, e da questa coscienza è nato l’intero universo. Se non si conosce la coscienza non è possibile realizzare il Paramatman. Lo si raggiunge solo grazie a questa comprensione. Dopo aver compreso la natura della coscienza, comprenderemo anche di non essere la coscienza”.
Il senso dell’io sono è Presenza. Questa Presenza o senso dell’ “io sono” non deve esserci. Solo l’assenza del senso “io sono” può conoscere il nulla. Nell’assoluto non c’è il senso del conoscere e neanche il senso dell’ ”io sono”. Il senso del conoscere riguarda solo il passato.
“Raggiungerai in fretta la maturità rimanendo radicato nel tuo nulla. Io sono soltanto nulla. Io non sono nessuna cosa. Questo nulla ti renderà maturo.”
Nisargadatta Maharaj
Infatti, andando avanti nella ricerca, quando si giunge alla realizzazione del Sé e quando ci si accorge che questo Sé è solo coscienza, un nulla, un vuoto ineffabile, comprendiamo anche che se questa vacuità senza sostanza è la base del mondo fenomenico e di infiniti universi, anche questi infiniti mondi e modi di essere non hanno alcuna vera sostanza e attributi di realtà se non in relazione all’Assoluto, al Parabrahman, la realtà ultima che trascende il vuoto e la forma e ogni possibilità di essere definito in quanto non è mai oggetto e neppure può essere definito soggetto.
Qui siamo oltre il sorgere e il tramontare della coscienza perché nel continuo infinito presente non c’è più il tempo. Una volta raggiunta la coscienza del Brahman e compreso il gioco cosmico, il Lila divino, si è pronti ad accedere alla assoluta libertà di Parabrahman.
La presenza non divisa oltre l’“io sono” che trascende dualismo e non dualismo. L’uomo che coglie la sua indissolubile unità con l’Assoluto, libero dall’identificazione persino con il testimone “io sono”, entra nel flusso e vive pienamente il ruolo che la vita gli dà, in serena lucidità e coraggio e nella vita di ogni giorno si esprime in armoniosa spontaneità, rimanendo interiormente libero dal conflitto.
Quarant’anni di esperienze con la respirazione mi hanno dimostrato che il respiro catalizzatore più potente per giungere a questa realizzazione.
Due brevi estratti dalla Ribhu Gita:
Dal capitolo 1: Quindi Ribhu disse a Nidagha: ti dirò la definizione del Sé che non è ritrovabile nella triade del tempo di passato, presente e futuro, sempre il più segreto dei segreti, per riassumere ciò che è stato detto da Shiva. Non c’è nulla di cui si possa parlare come non-Sé, né della mente come non-Sé, né dei mondi come non-Sé. Sii certo che non c’è nulla che sia non-Sé. Con l’assenza di tutti i sankalpa, con l’eliminazione di tutte le forme, con la convinzione che esiste solo Brahman, sii certo che non c’è nulla che sia non-Sé.
Dal capitolo 2: Come bolle d’aria sulle acque dell’oceano, gli dei, gli uomini e le bestie di tutto il mondo fenomenico sorgono e sorgeranno ancora e ancora, sulle acque della massa di beatitudine solida del consorte di Uma (Shiva). Non esiste miseria mondana per coloro che attraverso la loro esperienza, percepiscono tutto questo emergere dalle onde dell’illusione chiaramente come Me stesso, (il Sé). A causa dell’illusione la gente non realizza Hara (il Sé) come causa di ogni piccola cosa, causa di ogni essere ed anche come la causa senza confini di una più grande dissoluzione. Quando la presenza del Consorte di Uma brilla riflesso nelle acque nei recessi dello spazio del cuore, la distruzione del serpente delle miserie mondane ha luogo. (Mia libera traduzione)
Filippo Falzoni Gallerani, Ostuni, 18 luglio 2022
NOTE
[1] Il Quarto stato, detto anche Sunyata, il vuoto è lo stato permanente che trascende gli altri tre stati che sono: veglia, sogno e sonno senza sogni.
[2] Vasugupta: Filosofo e mistico indiano del Kashmir dell’ottavo-nono secolo, autore dello Śivasūtra, testo fondamentale delle dottrine shivaita di tradizione non- dualista. Testi di riferimento: Vasugupta, Gli Aforismi di Shiva, con il commento di Kshemaraja, Ediz. Mimesis, Milano 1999 – Abhinavagupta: Tantraloka, La Luce del Tantra, Ediz. Adelphi, Milano, 2017
[3] Queste prigioni mentali sono percepite con particolare sofferenza da coloro che sono definiti nevrotici, mentre le cosiddette persone “normali” spesso ne sono schiave senza sospettarlo, ma a causa di questo vivono una vita vuota, priva di valori e di relazioni profonde e autentiche.
[4] La Respirazione Olotropica ha molti punti in comune con il Rebirthing Transpersonale.