Le dieci immagini dell’uomo e del bove

Lo Zen è nato in Giappone da una fertile integrazione del Buddhismo con il Taoismo cinese e indica la via del risveglio istantaneo. Le “Dieci immagini dell’uomo e del bove” (in altri testi tradotto “toro”), rappresentano il fine dello Zen e gli stadi del progresso spirituale sino alla liberazione finale. La lotta con il toro (la mente) è una metafora così universale che la troviamo anche nel mito indù del toro Nandi che solo Shiva (il Sé) può domare. Questa lotta appare nelle forme più diverse già nelle culture minoiche e micenee e ancor prima e persino alle corride dei nostri giorni.
Questo insegnamento classico dello Zen sintetizza stupendamente la lotta per dominare la mente e uscire dalla prigione dell’io. In poche poetiche strofe è descritto il processo dell’illuminazione che si consegue quando ci si risveglia alla Realtà una volta che sono vinte le passioni auto-frustranti che la mente crea. Ci sono diverse interpretazioni di queste immagini ma il commento di D. T. Suzuki è tra i migliori e rende più facile una corretta interpretazione di quest’insegnamento di saggezza non dualista.

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  1. RICERCA DEL BOVE

Solo, nella solitudine selvaggia, perduto nella giungla egli cerca, cerca!
Fiumi in piena, montagne lontane e la via senza fine;
Esausto e disperato, non sa dove andare;
Ode soltanto le cicale della sera che cantano nei boschi di acero.

Esso non si è mai smarrito; che senso ha, dunque, cercarlo? Non abbiamo familiarità con esso perché ci siamo dati a escogitare cose contrarie alla nostra natura più profonda.  Esso si è perduto, perché siamo stati sviati dall’illusione dei sensi.  Ci si allontana sempre di più dalla Casa, le vie secondarie e le traverse continuano a farci confondere. Il desiderio di avere e la paura di perdere bruciano come fuoco; idee di bene e di male vengono su, a schiere.

  1. SI SCORGONO LE ORME DEL BOVE

Vicino all’acqua, sotto gli alberi, sono sparse le orme dell’animale perduto.
I boschi olezzanti stanno facendosi folti – troverà egli la via?
Per lontano che il bove erri, sulle colline e ancor oltre,
Il suo muso raggiunge i cieli e nulla può nasconderlo.

Con l’aiuto dei testi e col cercare nelle dottrine, egli giunge a capire qualcosa: trova le tracce. Ora egli sa che le cose, benché molteplici, in essenza sono uno e che il mondo oggettivo non è che un riflesso dell’Io. Ma egli è ancora incapace di distinguere ciò che è buono da ciò che non lo è; la sua mente è ancora confusa per quel che riguarda il vero e il falso. Non avendo egli ancora varcato la soglia, vien detto, per ora, che egli ha scorto le orme.

III. SI VEDE IL BOVE

Lassù, posato su di un ramo, un usignolo canta tutto lieto;
Il sole è caldo, una brezza refrigerante soffia attraverso i verdi salici della riva;
Il bue è là, solo; non vi è luogo ove possa nascondersi;
Quale pittore saprebbe ritrarre la sua testa magnifica dalle corna maestose?

Grazie al suono, egli trova la via; vede le origini delle cose e tutti i suoi sensi sono in un ordine armonioso. In ogni sua attività quest’ordine è chiaramente presente. È come il sale nell’acqua marina, è presente, ma non lo può distinguere. Quando dirigerà il suo sguardo nel modo giusto, scoprirà che null’altro esiste separatamente da lui stesso.

IV. IL BOVE VIENE CATTURATO

Con tutte le forze della sua anima, egli si è finalmente impadronito del bove:
ma quanto è selvaggia la sua volontà, quanto è difficile a governare la sua potenza!
Talvolta esso s’inerpica su per un altopiano,
Ed ecco, si perde fra le nebbie impenetrabili di un passo montano.

Dopo essersi sperduto per un lungo tempo nella solitudine selvaggia, egli ha finalmente trovato il bove e se ne è impadronito. Ma a causa della pressione prepotente del mondo esterno è difficile mantenere sotto controllo il bove. Di continuo, esso agogna la fresca erba. La natura selvaggia è ancora agitata e non vuole assolutamente lasciarsi domare. Se si vuole averlo completamente sotto il nostro potere, bisogna usare senza riguardi la forza.

V. IL BOVE PORTATO AL PASCOLO

Non separarti mai dalla frusta e dalla cavezza,
A che esso non se ne fugga, a pascolare fra le sozzure:
se baderai ad esso nel modo giusto, diverrà puro e docile,
E ti seguirà da sé, anche senza catena o cavezza.

 Se un pensiero si muove, un altro lo segue, poi un altro ancora: si desta una catena senza fine di pensieri. Grazie all’illuminazione, essa cede alla verità, ma se nella mente predomina la confusione è l’errore ad affermarsi.  Le cose non ci opprimono per via dell’esistenza di un mondo oggettivo, bensì a causa di una mente che inganna se stessa. Non tener lenta ma tesa la corda che passa pel naso della bestia, Non accordare alcuna indulgenza. 

Vi. RITORNO A CASA CAVALCANDO IL BOVE

Cavalcando il bove, prende calmo la via di casa;
Circondato dalla bruma serale,
in che modo melodioso il suono del suo flauto si perde nelle lontananze!
Cantando a tempo una canzonetta, il suo cuore è pieno di una gioia indescrivibile!
Occorre dire che egli è divenuto uno di coloro che sanno?

La lotta è finita; egli non si cura più di guadagno o di perdita. Fischietta un’aria da legnaiolo, canta canti semplici da ragazzo di villaggio. Cavalcando il bove, il suo sguardo si fissa su cose che sono oltre i sensi. Se viene chiamato, non volta la testa; non v’è più nulla, la cui seduzione possa trattenerlo.

VII. IL BOVE LO SI È DIMENTICATO, L’UOMO RESTA SOLO

Cavalcando il bove, egli finalmente è di ritorno a casa.
Ed ecco! Il bove non c’è più, e in che serenità ora egli se ne sta seduto, tutto solo!
Benché il rosso sole sia alto nel cielo, sembra dormire ancora tranquillamente.
La frusta e la corda stanno inutili per terra vicino a lui, sotto un tetto di paglia.

Le cose sono uno e il bove è un simbolo. Quando ti accorgi che ciò di cui hai bisogno è la lepre o il pesce non il laccio o la rete, è come se l’oro si separasse dalla ganga, è come se la luna uscisse dalle nubi. L’unico raggio della luce serena e penetrante risplende perfino prima del giorno della creazione.

VIII. NON SI VEDE PIÙ NÉ IL BOVE, NÉ L’UOMO

Tutto è vuoto, la frusta, la corda, l’uomo, il bove:
Quale sguardo ha mai abbracciato l’immensità del cielo?
Sulla fornace ardente non può cadere un fiocco di neve:
Quando regna questo stato, lo spirito dell’antico maestro è manifesto.

Ogni confusione si è allontanata, regna soltanto la serenità; perfino l’idea della santità perde ogni valore. Egli non si attarda presso i luoghi ove è il Buddha ma passa rapidamente là dove non vi è più alcun Buddha. Ove non esiste nessuna specie di dualismo, perfino chi avesse mille occhi non riuscirebbe a trovare una fessura. Una santità dinanzi alla quale gli uccelli offrono dei fiori, non è che una farsa.

IX. RITORNANDO ALL’ORIGINE, RISALE ALLA SORGENTE

Tornare all’Origine, tornare alla Sorgente – è già un passo falso!
È molto meglio restare a casa, senza vedere, senza udire, in semplicità, con poche cure.
Seduto nella capanna, non prende conoscenza delle cose che stanno fuori.
Guarda l’acqua che scorre – verso dove, nessuno lo sa;
e quei fiori, rossi e freschi, che non sa per chi siano.

Puro e immacolato fin dall’inizio, egli non è stato mai toccato dalla sozzura. Egli osserva, calmo, la nascita e la fine delle cose legate ad una forma, mentre risiede nella serenità immutabile della non-affermazione. Se egli non s’identifica con la fantasmagoria delle trasformazioni, a che gli servono le artificialità dell’autodisciplina? L’acqua scorre azzurra, le montagne s’innalzano tutte verdi. Seduto in solitudine, egli osserva le cose soggette al mutamento.

X. INGRESSO NELLA CITTÀ, CON LE MANI CHE DISPENSANO BENEDIZIONI

Col petto nudo e i piedi nudi egli esce e va alla piazza del mercato;
imbrattato di fango e di cenere, che largo sorriso egli ha!
Non c’è bisogno del potere miracoloso degli dèi,
Perché basta che egli tocchi, ed ecco!
Gli alberi morti sono in piena fioritura!

La porta della sua umile casa è chiusa e nemmeno il più saggio degli uomini sa di lui.  Nulla si può cogliere della sua vita interiore, perché egli va per la sua via senza seguire le orme dei saggi antichi. Portando una fiasca, simbolo del vuoto, egli esce e va al mercato; appoggiato ad un bastone, torna a casa. Lo si trova in compagnia di bevitori di vino e di macellai e Lui e gli altri tutti sono trasformati in Buddha.

Le dieci immagini dell’uomo e del bove, Tratto da Saggi sul Buddhismo Zen di D. T. Suzuki ediz. Ubaldini.

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