Risveglio e Liberazione

Risveglio e Liberazione

Nei miei scritti affronto il tema del Risveglio e della Liberazione, cerco di descrivere la realizzazione di sé cui mira la Psicologia Transpersonale. Ma è difficile trovare parole per indicare l’illuminante presa di coscienza che libera dagli inganni mentali. Le basi filosofiche di quest’area di confine tra Psicologia e Spiritualità sono in gran parte una reinterpretazione moderna di classici dell’Oriente e della Filosofia Perenne. Si tratta d’intuizioni profonde, frutto delle esperienze di maestri e di saggi che hanno dedicato la vita alla ricerca interiore. Tali insegnamenti paiono paradossali poiché superano i limiti della prospettiva dualista del pensiero lineare, ma si possono cogliere come verità auto-evidenti appena la mente tace non condizionata da alcuna precedente teoria o conoscenza.
Nel mio lavoro condivido le mie esperienze in questo campo e uso tecniche di respirazione come supporto all’autoindagine e come catalizzatore degli stati di coscienza transpersonali che conducono all’insight. Tuttavia affrontando il tema dell’autoconoscenza e della liberazione, argomento che ha impegnato nei secoli mistici e filosofi, so bene che non esiste alcun metodo che può trasformare come per magia l’individuo e portarlo al risveglio. Le abitudini mentali, gli atteggiamenti acquisiti, le ferite dell’infanzia, aspetti del carattere e del temperamento ecc. condizionano gli individui tanto che molti danno per scontato che non ci sia modo di cambiare. Ma, aspettando che le cose vadano meglio in futuro e che la felicità ci venga dall’esterno, si ripeteranno gli stessi errori e si vivrà invano.
Ciò che mi spinge a scrivere è il desiderio di comunicare che non è poi così difficile fare un salto nella coscienza non concettuale e ritrovare sé stessi. Chiunque si applichi seriamente può comprendere gli insegnamenti più profondi che conducono alla libertà interiore, all’equilibrio e a cogliere nel qui e ora la bellezza del vivere. Nella confusione generale della mente collettiva molti si stanno svegliando. Nonostante gli ostacoli che si frappongono, la liberazione è alla portata di chi è sincero con sé stesso e la respirazione è un supporto molto rapido e potente per attingere all’intelligenza intuitiva che rivela l’inesprimibile.  In questa ricerca ciò che conta è l’aver riconosciuto la meschinità dell’ego e i limiti del pensiero, e prender atto che usare la mente per risolvere i problemi che la mente stessa ha creato è inutile e frustrante. L’ascolto delle profondità della psiche, oltre la rete delle parole, ci mostra il Vuoto da cui emerge il divenire e apre spiragli sullo Spirito immanente-trascendente. E’ facile arrendersi alla Vita quando si ha fiducia che l’energia che ci anima ci condurrà a diventare consapevoli della luminosa presenza impersonale, che in noi è come uno specchio limpido a monte delle percezioni.
Questa consapevolezza dell’essenza impersonale ci permette di vivere in spontaneità armonica ciò che siamo nel continuo infinito presente. Rende liberi perché è la fine del conflitto delle contraddittorie istanze della mente e una fonte inesauribile di rinnovata energia e chiarezza. Riconnettersi al Sé, nella pienezza dell’integrazione degli opposti, significa affrontare l’ombra e l’ignoto e morire a sé stessi. Ciò che muore è l’io-immagine la cui morte porta alla rinascita e alla vera libertà. Come gli uccelli nascono prima come uovo e solo dopo aver rotto l’uovo possono prendere il volo, la seconda nascita dell’uomo è come l’uscire dall’uovo dell’egotismo. Ciò che muore nel processo di disidentificazione è solo l’illusione imprigionante della separazione.
Le filosofie e le tecniche di autoconoscenza dell’Asia non sono di facile comprensione per la mente occidentale e inoltre sono spesso deformate da una prospettiva egoica che distorce gli insegnamenti essenziali. Nonostante la Conoscenza sia a disposizione da secoli, l’umanità sembra prigioniera della sofferenza prodotta dall’ignoranza di sé. Tuttavia l’intelligenza della Natura offre soluzioni opportune per le cicliche crisi che l’umanità affronta, offrendo nuove prospettive alla coscienza che trasformano l’individuo che si connette al sentire dell’anima e del cuore. Ma non si è in grado di comprendere sino a che si è attaccati ai condizionamenti culturali che sono solo le ombre sul fondo della caverna di Platone. Tuttavia se rivolgiamo l’attenzione all’autoindagine liberi da pregiudizio, come se guardassimo per la prima volta il mondo interiore, possiamo trovare ciò che, senza saperlo, abbiamo sempre cercato.
In questi tempi di diffuso nichilismo e alienazione, molti individui per reazione sono spinti a trovare sé stessi e a percepire la prospettiva cosmica del sé e sono pronti per la nuova coscienza. Apparentemente le religioni di Stato hanno deluso i credenti e gli ideali illuministici della Ragione hanno prodotto uno sviluppo tecnico che ha portato il mondo sull’orlo dell’autodistruzione. Ma l’apocalisse che molti temono può essere invece il travaglio del parto di una seconda nascita. Stiamo assistendo al tramonto di un’epoca e vediamo il sorgere di una nuova Coscienza transegoica ed ecologica, che conduce l’uomo a un più alto livello evolutivo.

Filippo Falzoni Gallerani, Milano, Maggio 2017

Efficacia delle pratiche esperienziali

Le più potenti pratiche esperienziali, per quanto efficaci, non possono essere la panacea dei problemi umani. Qualunque metodo funziona soltanto se applicato correttamente. In questo brano cerco di chiarire il motivo che determina la liberazione o l’autoinganno.

Le tecniche di respirazione sono il metodo naturale più efficace per la soluzione dell’ansia e di molti disturbi. Sciogliere i blocchi della corazza psicosomatica e ottenere una respirazione libera e naturale è d’importanza cruciale per la salute olistica. Non mi soffermo sugli aspetti propriamente terapeutici che ho già trattato in molti scritti e sui quali c’è già un’ampia letteratura. Oltre alla risoluzione dei disturbi psicofisici, queste tecniche possono aprire alla conoscenza di Sé ed è questo l’aspetto più importante per l’autorealizzazione. Nell’uomo, infatti, è innato un anelito alla libertà interiore e alla conoscenza. L’uomo una volta che ha soddisfatto i bisogni primari, ha più che mai necessità di dare senso Siamo immersi nella realtà dello Spirito, ma non lo vediamo perché lo Spirito stesso è substrato e testimone della realtà.
Di fronte al problema della morte e del non essere che lo attende, ha bisogno di trovare ciò che in lui non è nato né muore per affrontare con coraggio il vivere ed esprimere in spontaneità il suo potenziale. Per entrare in sintonia con la vita e con la morte e
coglierne il senso è necessaria una profonda ricerca interiore. Poiché è la conoscenza della natura universale del Sé che libera dalla sofferenza e recide alla base le radici della paura.
L’ego insegue esperienze piacevoli che non possono durare, mentre il Sé testimonia la natura profonda dell’Essere. Per questo non c’è tecnica, anche tra le più efficaci, con cui si possa risolvere il mal di vivere se il praticante non ha compreso con quale prospettiva impostare la ricerca. Qualunque metodo funziona solo se è applicato nel modo giusto e per far buon uso delle tecniche esperienziali bisogna avere la giusta prospettiva e soprattutto evitare l’autosuggestione e gli inganni dell’ego che confondono anche i ricercatori avanzati. 
Tecniche di respirazione intensa come il Rebirthing Transpersonale o la Respirazione Olotropica di Stanislav Grof, praticate con l’atteggiamento opportuno, sono straordinariamente efficaci per esplorare sé stessi, per catarsi liberatorie, per l’autoguarigione e il risveglio tanto che spesso poche sedute sono sufficienti per realizzare una stabile chiarezza e serenità interiore. Tuttavia se non si è stati istruiti correttamente e si dirige l’esperienza secondo delle aspettative preconcette, la stessa pratica diventa una via di fuga e un autoinganno anziché un’espansione della consapevolezza. Il medesimo metodo che può rapidamente condurre al risveglio, se è mal applicato, può amplificare l’egotismo. Questo vale anche per la meditazione e le pratiche psicospirituali in genere. Come dice Elémire Zolla: “Ciò che s’impara dipende dal perché si vuole imparare”, e naturalmente c’è un’enorme differenza tra il cercare esperienze gratificanti e il cercare “colui che sta cercando”.
E’ necessaria totale sincerità con sé stessi, il coraggio di stare con le sensazioni e accogliere l’ombra e l’ignoto. La conoscenza del Sé è elusiva, poiché è oltre la mente e riguarda uno Stato dell’Essere e non un pensiero. Il Sé (o consapevolezza impersonale) è un abisso che contiene l’universo, fa paura perché è la morte dell’ego. Il mondo è dentro di noi ma noi immaginiamo di essere in lui. Il risveglio è un ribaltamento di questa prospettiva in cui sperimentiamo l’identificazione con il Tutto.

Conosci te stesso e conoscerai l’Universo e gli Dei

I saggi insegnano che il corpo-mente con cui l’uomo s’identifica è solo un oggetto, che appare e scompare nel Sé che è consapevolezza senza confini, ed è il nostro vero essere profondo. Ciò che è mutevole e temporaneo non è reale, mentre la Consapevolezza è oltre il tempo e lo spazio, è la Realtà che non muta, il substrato di ogni altra realtà. La tecnica di respirazione in sé è semplicissima e intuitiva, tuttavia l’intuizione rivelatrice del risveglio non può essere di facile portata senza la giusta predisposizione. Come ho detto, sono necessarie indicazioni corrette e l’atteggiamento opportuno. Per trarne benefici profondi è basilare dirigere l’attenzione oltre il piano mentale, al sentire immediato senza alternative, perché è da questa prospettiva transegoica della consapevolezza che il respiro può condurre alle dimensioni più profonde della coscienza dove si risolve definitivamente il problema dell’ansia e del timore.
L’ansia è un disturbo talmente diffuso che per le persone “normali” la serenità e la chiarezza mentale sono una condizione rara e passeggera. Siamo in un’epoca in cui l’alienazione è una patologia endemica. Per spiegare questa condizione di separazione dal proprio sé dell’uomo contemporaneo trovo appropriata la nota metafora della carrozza con cavalli, auriga e padrone all’interno, a indicare i piani fisico (la struttura della carrozza), vitale (i cavalli), mentale (il nocchiere) e spirituale (il padrone all’interno).
Se la mente (il nocchiere) non è in contatto con il signore che siede all’interno della carrozza (il Sé transpersonale) i cavalli (l’energia vitale) non vanno dove dovrebbero. Se la mente è confusa, cioè il nocchiere è vittima di illusioni e conflitti interiori, è probabile che ci siano incidenti di percorso e che il corpo subisca dei danni. Quando si è perduto contatto con il Sé il viaggio è insicuro, non ha direzione e scopo e una vita priva di senso è deprimente.
Il “Sé” ovviamente non è un individuo superiore latente in noi; è piuttosto l’intelligenza intrinseca della natura che governa la danza degli atomi e delle molecole. E’ il mistero della consapevolezza: il testimone della sensazione di Essere. Qualcosa che il pensiero non può afferrare perché è a monte del pensiero stesso.
La metafora della carrozza è molto antica, Platone nel Fedro descrive una carrozza tirata da due cavalli, uno bianco e uno nero, che rappresentano forze opposte. Se l’auriga è in contatto con l’Iperuranio (mondo delle idee, al di là del cielo) il cavallo bianco lo conduce verso l’alto. Se l’auriga non è in grado di contemplare il mondo superiore, il cavallo nero prevarrà su quello bianco e lo trascinerà fuori strada verso il basso.
Nella Bhagavad Gita, Krishna (il Sé) guida il carro su cui combatte il trepidante Arjuna (l’io) e lo sprona ad affrontare con coraggio la battaglia agendo secondo quanto il momento richiede. Non entro qui nel magnifico e illuminante capolavoro della Filosofia indiana che è un tema troppo vasto e profondo per essere trattato in poche righe, ma voglio ricordare che i maestri insegnano che Yoga è Coraggio e il termine coraggio deriva da cuore, cioè suggerisce l’azione ispirata dal cuore e non dalla mente. Il Sé, dicono i saggi, risiede nel cuore.

Il coraggio di vedere le cose come sono

Le forme popolari delle religioni rinforzano l’idea che la guida sia fuori di noi, ma è in noi che dobbiamo trovare la guida poiché l’aderire a una fede e dipendere da autorità esterne inibisce la ricerca della verità. D’altra parte il razionalismo e la prospettiva egocentrica condivisa evitano con cura di avvicinarsi all’ignoto e a tutto ciò che non può spiegare e ridurre in parole e pensieri. Di certo l’autoindagine è scoraggiata in una società materialista, dominata da interessi economici disumanizzanti, prigioniera di una visione ristretta, impegnata in uno sviluppo tecnologico che non ha riguardo per la natura e i valori umani.
L’uomo che ha perduto il contatto con sé stesso, cerca nel pensiero una guida, si aggrappa a mappe obsolete o si conforma alla massa e segue altri che sono sperduti come lui. Non sapendo ascoltare il Sé profondo, egli cerca nella mente una soluzione al senso di smarrimento che la mente stessa ha creato. Solo quando egli riconosce la sua impotenza e sa di non sapere e quindi si arrende alla realtà, può iniziare a sentire l’ispirazione e l’intuizione che sono la sola guida sicura.
Solo se la mente è serena può arrendersi al Sé impersonale che è vita-morte, essere e non essere, nella spontaneità dell’attimo, mentre l’intelletto svolge le funzioni che gli competono senza interferire. La presenza senza alternative di fronte alla realtà di una mente libera da condizionamenti è la fine del divenire e dell’ansia. Ma non è una condizione comune perché le parole tutti possono ripeterle, mentre vedere con chiarezza la realtà e realizzare nel vissuto ciò che si è compreso è cosa totalmente diversa, come sentire il silenzio dietro a ogni suono…

La guida interiore non si trova nel campo del pensiero

Riconoscere il nostro vero Essere, ritrovare spontaneità e pienezza non è affare che il pensiero possa risolvere, è necessario aver avuto accesso a uno stato di coscienza non ordinario per superare l’identificazione con la mente. La respirazione intensa è un metodo rapido e privo di controindicazioni per entrare in contatto con queste dimensioni esperienziali che la mente e il pensiero non possono raggiungere. Yoga è la fine delle fluttuazioni della mente. Solo quando il lago è perfettamente calmo la sua superficie riflette senza deformazioni. Ma abbiamo visto che la mente non può calmare la mente anzi, quando cerca di calmarla si agita anche di più perché si dissocia da sé stessa. 
Attraverso il respiro possiamo andare oltre la mente e trovare la sorgente dell’Io Sono e immergerci nel Sé, l’Invisibile, l’Impensabile, privo di attributi, che permea ogni cosa. Una volta che attraverso la respirazione si è in contatto con il Sé e si riconosce la natura dell’ego, si è in armonia con la Vita e liberi dall’ansia e dalla paura. Direi meglio: non si ha paura della paura e non si è ansiosi di fronte all’ansia, perché non si tratta di liberazione nell’indifferenza, ma di vivere con pienezza e partecipare alle gioie e ai dolori come a una rappresentazione, integrando gli opposti nell’Unità e arrendendoci al potere del Sé che ci agisce. Così la vita sarà sempre una continua esperienza di crescita interiore e non più un problema da risolvere.

Filippo Falzoni Gallerani, Milano

Sri Nisargadatta Maharaj: “Ciò che può essere descritto dall’intelletto fa parte del conosciuto, che non può aver nulla a che fare con la Realtà”.

Piccola bibliografia sulla respirazione

Grof, S. Grof, C.: Emergenza Spirituale (la Crisi Personale come Rinnovamento Profondo), Edizioni RED, Como 1993
Grof, S, Grof C.: La Tempestosa Ricerca di Sé Stessi, Edizioni RED, Como 1995
Grof S, Grof C.: La Mente Olotropica (La Respirazione Olotropica per giungere ai livelli più profondi della psiche) Ediz. RED, Como 1996
Grof, S.: Il Gioco Cosmico della Mente, Ediz. RED, Como, 2000
Grof S, Grof C.: Psicologia del Futuro, Ediz. RED, Como, 2001
Falzoni-Gallerani F.: Il Respiro dell’Anima, Ediz. Armenia, 1991,
cartaceo e eBook: https://filippofalzoni.com/pubblicazioni/
Falzoni-Gallerani F.: Rebirthing Transpersonale, Ediz. Rusconi, 1996
cartaceo e eBook: https://filippofalzoni.com/pubblicazioni/
Falzoni-Gallerani F.: L’Io Trasparente, 2 vol. Ediz. privata, Milano 2005
Falzoni-Gallerani F.: La Saggezza non Dualista. Ediz. privata, Milano 2009

Stress: ansia e depressione

La tecnica della respirazione intensa non solo può condurre a profondi insight, ma è in primo luogo efficace per la soluzione di disturbi come l’ansia e la depressione.

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 Lo stress e la corazza psicosomatica

Lo stress è un problema di grande rilievo per l’uomo moderno che vive lontano dall’armonia dei ritmi naturali. Lo stress è una delle prime cause di tensione che inibisce la mobilità toracica e il diaframma, muscolo preposto al respiro. Il corpo reagisce a stimoli spiacevoli irrigidendosi e ripetute sensazioni sgradevoli inducono una tensione che col tempo può assumere caratteristiche di cronicità e innescare disturbi di diverso tipo. Questo meccanismo inoltre tende ad auto-rinforzarsi: “sto male perché sono teso e sono teso perché sto male”. Non ce ne rendiamo conto ma quando siamo irrequieti respiriamo meno profondamente e, di conseguenza, il ph del sangue è più acido per eccesso di anidride carbonica e abbiamo meno energia e vitalità. Allo stesso modo una respirazione irregolare, che alterna ipoventilazione e iperventilazione, produce sbalzi di umore e instabilità.

L’ansia è un disturbo sempre più diffuso tra coloro che sono vittime dello stress e lo stesso vale per molte forme di depressione che spesso accompagnano l’ansia. Recentissimi studi scientifici hanno confermato i gravi danni prodotti dallo stress tra i quali la vasocostrizione e i conseguenti disturbi cardiovascolari, la diminuzione delle difese immunitarie, ecc. Secondo questi studi, però, i soggetti che sanno affrontare coraggiosamente le situazioni stressanti sono immuni da danni e anzi possono persino trarne dei benefici… (Vedi articolo: “Lo stress che fa bene”).

Il respiro è il legame più diretto con l’energia vitale

Un respiro irregolare e incompleto condiziona l’equilibrio neurofisiologico e, nello stesso tempo, i conflitti interiori influenzano la respirazione. Inconsapevolmente si trattiene il respiro per controllare le emozioni, ma così facendo cadiamo nell’apatia e siamo interiormente sconnessi. Se non si affrontano, vivendole direttamente, le tensioni rimosse con il tempo il disturbo invece di svanire si rinforza, perché quando si respira poco ci si sente scarichi e vulnerabili, ma quando si cerca di respirare più intensamente, insorgono l’ansia e la paura di perdere il controllo con sensazioni di alterazione che non comprendiamo che nelle forme più acute diventano veri e propri attacchi di panico. Questo è spesso alla base dell’alternarsi di stati d’ansietà e di depressione in soggetti altresì sani, che non hanno problemi tali da giustificare questo malessere esistenziale. A volte è sufficiente un eccessivo autocontrollo emotivo per inibire la respirazione, aprendo la strada a disturbi di varia natura. Tra i disturbi fisici sono comuni: senso d’oppressione toracica, di mancanza d’aria, dolori di schiena o cervicali, nodo alla gola, pesantezza, abbassamento della libido, ecc. Tra i disturbi dell’umore i più comuni: disturbi del sonno e della concentrazione, insicurezza, paure ingiustificate, pensieri circolari, ecc. Abituati a respirare poco, tenderemo a evitare una respirazione normale per inconscio timore di far riemergere le emozioni represse.

Per liberarcene è fondamentale affrontare esperienzialmente con il respiro queste emozioni nel contesto protetto della seduta. La catarsi, che a volte si manifesta in un pianto di pochi minuti, si rivela generalmente molto più efficace di lunghe terapie verbali o farmacologiche, e conduce a un profondo senso di benessere e di rilassamento che permette di osservare i problemi del vivere quotidiano dalla giusta prospettiva. Come ho detto, analizzare i motivi psicologici di questi malesseri non serve, perché finché si respira male si vive male, mentre quando si è liberata la respirazione e con essa le tensioni, i problemi psicologici si dissolvono in una mente serena che ci permette di reagire con spontanea creatività alle situazioni.

La respirazione ci mette in contatto con l’energia e con la psiche profonda, dalle quali scaturiscono le risorse della guarigione e del benessere. Senza bisogno di tranquillanti con un metodo naturale e privo di controindicazioni si può ritrovare il funzionamento armonico di psiche e soma e manifestare le potenzialità dell’intelligenza intuitiva.

In sintesi

1)         Lo stress può causare irrigidimento e squilibri della respirazione
2)         Una cattiva respirazione predispone a molti disturbi
3)     Poche sessioni modificano radicalmente il rapporto con lo stress e permettono di scaricare le tensioni
4)        La respirazione intensa, opportunamente applicata, è priva di controindicazioni ed è il modo più diretto per risolvere rapidamente i problemi associati allo stress.

Filippo Falzoni Gallerani

 

Ateismo nel nome di Dio

Attraverso l’auto-indagine, superata la falsa immedesimazione con l’ego, emerge lo stato naturale della consapevolezza che non reagisce meccanicamente alle circostanze esterne, ma osserva con chiarezza le risposte del corpo-mente di fronte alle situazioni, senza identificazione con i condizionamenti del pensiero e con l’osservatore stesso.

È la totale negazione del tempo psicologico nella semplicità del sentire immediato e non diviso, in cui non c’è l’illusione di uno sperimentatore separato dall’esperienza. Seppure sia difficile da descrivere questo stato, quando lo si vive, appare come la cosa più semplice che si possa immaginare: un vivere spontaneo e naturale libero dai filtri del pensiero e diretto da un’infallibile intelligenza intuitiva.
La conoscenza, le credenze e tutti i condizionamenti accumulati sono messi da parte nel sentire immediato e la vita scorre senza attrito, in una semplicità dell’essere che non è indifferenza o distrazione, bensì una più lucida presenza. Accade senza sforzo, senza intenzione e si manifesta senza aloni mistici e trascendentali: infatti non possiamo percepire la nostra vera natura perché ciò che percepisce è la nostra vera natura e semplicemente siamo Ciò.

La folgorante ovvietà del mondo indiviso dal Sé che appare quando il dualismo è dissolto, nasce da un processo di disillusione e disinganno piuttosto che, come molti credono, da estasi meditative che sono generalmente stati passeggeri. Quando si osserva la realtà con attenzione passiva, liberi dalla sensazione d’un osservatore separato dal tutto, si è oltre i condizionamenti e i pregiudizi che sono la stoffa dell’io con il suo bagaglio di esperienza e memoria. Senza fare nulla la vita scorre e ci guida nell’azione armonica e congruente.

Tutte le tecniche, le pratiche di meditazione e qualunque metodo saranno efficaci o frustranti secondo la prospettiva con cui ci poniamo nella ricerca e potranno essere una via di trascendenza o una nuova illusione a sostegno dell’ego, a seconda della motivazione di partenza.
Quando mettiamo in pratica ciò che Krishnamurti ci ha così chiaramente trasmesso in tanti anni d’insegnamento, cioè: “l’osservare senza l’osservatore (l’attenzione di una mente sgombra dal pensiero), quando ci rendiamo conto della natura illusoria dell’ego e l’osservatore scompare davvero, riconosciamo la vanità di qualunque sforzo di cambiare le cose.
Quando comprendiamo che è la rete del pensiero che crea la sensazione illusoria di un io separato dal contesto, abbiamo accesso a un nuovo piano di coscienza e ad una presenza mentale priva di resistenza e conflitto con la Realtà, che dissolve l’ingannevole trama dell’ego con le sue speranze e paure. Si giunge così a comprendere che la meditazione è il frutto di questa disillusione e non un mezzo per raggiungerla… prima viene la libertà, poi la meditazione.
Ciò che ci è richiesto è principalmente il coraggio di vedere le cose come sono e di stare con ciò che è. La mappa del pensiero non è il territorio della vita e nel cuore lo specchio della consapevolezza non si muove nel tempo. Il flusso dei pensieri è un rumore di fondo che copre la possibilità di fermarsi ad ascoltare il silenzio e di immergersi nell’Essere.

Molti propongono tecniche di controllo mentale e l’esercizio della volontà per padroneggiare la mente, con la grave lacuna di non aver esaminato chi o che cosa dovrebbe controllarla. Quando l’uomo sbagliato usa i mezzi giusti, i mezzi giusti funzionano nel modo sbagliato, dice un antico proverbio cinese. La pace mentale non è il prodotto dello sforzo e del controllo della mente da parte della mente stessa, che anzi è la causa principale dell’agitazione. Nasce dall’accettazione della realtà, senza vie di fuga, dal riconoscimento che l’ego è un prodotto della memoria e del condizionamento e che possiamo vivere pienamente solo quando non cadiamo in un’illusoria identificazione con esso.Il pensiero funziona senza conflitto quando si prende cura delle cose pratiche del momento, ma diventa il più grande ostacolo quando si sovrappone al nostro vero essere e sentire. Quando riconosciamo che il pensiero applicato all’essere conduce a irrisolvibili paradossi, lo lasciamo ai suoi compiti e possiamo guardare la realtà senza i condizionamenti del passato e liberi dal conflitto con ciò che è qui e ora. A questo punto avviene una vera rinascita. L’attenzione alle sensazioni, che le tecniche di respirazione intensa producono, favorisce l’immediato sentire non diviso, conduce oltre la dimensione concettuale e alla diretta percezione e immedesimazione nel vero Sé. Non solo il respiro è alla base della vita e un respiro armonico è alla base della salute psicofisica (metodi di respirazione possono risolvere ansia e depressione), ma pratiche di respirazione opportunamente applicate sono la via più diretta per la trascendenza dell’io e l’autorealizzazione.

Filippo Falzoni Gallerani

 

La religione ha sempre svolto due funzioni importantissime e molto diverse. Una è: dare un senso al sé individuale. Essa offre miti, storie, leggende, racconti, riti e rievocazioni che, presi insieme, aiutano l’io individuale a dare un senso e a sopportare i colpi e gli strali di una fortuna avversa. Di solito, questa funzione della religione non muta necessariamente il livello di consapevolezza di una persona. Non comporta una trasformazione radicale né una rivoluzionaria liberazione. Piuttosto, consola, fortifica, difende e promuove l’io. Si crede fermamente che, fino a quando l’io individuale crederà nei miti, compirà i rituali, dirà le preghiere o abbraccerà il dogma, sarà “salvato”: adesso nella gloria dei prediletti del Signore o della Dea, o in un aldilà che garantisce meraviglie eterne. Ma la religione ha svolto anche la funzione – di solito per una minoranza molto, molto piccola – di garantire una trasformazione radicale e liberatoria. Tale funzione della religione non fortifica l’ego individuale, ma lo scuote dalle fondamenta. Non offre la consolazione, ma la distruzione; non il consolidamento, ma il vuoto; non il compiacimento, ma l’esplosione; non il conforto, ma la rivoluzione. In breve, non un sostegno alla coscienza tradizionale, ma una trasmutazione e una trasformazione radicali nel più profondo della consapevolezza stessa.

Ken Wilber

Tutti conosciamo quel tremendo senso di solitudine nel quale né i libri né la religione servono più a niente, quando tutto quello che rimane dentro di noi è un vuoto spaventoso. La maggior parte di noi non riesce ad affrontare quel vuoto, quella solitudine; così fuggiamo e andiamo a cercare rifugio nella dipendenza da qualcosa, perché non possiamo sopportare di rimanere soli con noi stessi. Accendiamo la radio, leggiamo, lavoriamo, chiacchieriamo incessantemente occupandoci delle cose più diverse, dell’arte, della cultura. Ma arriva il momento nel quale non possiamo fare a meno di imbatterci in quel senso tremendo di isolamento. Anche se abbiamo un ottimo lavoro in cui tuffarci disperatamente, anche se ci mettiamo a scrivere libri, dentro di noi c’è questo vuoto tremendo. E siccome vogliamo riempirlo, ricorriamo alla dipendenza. Ci rifugiamo nella dipendenza, nei divertimenti, nella religione; facciamo dell’assistenza, ci diamo al bere, alle donne, facciamo di tutto per riempire quel vuoto. Ma se ci rendiamo conto che qualunque cosa facciamo per riempirlo o per nasconderlo non serve assolutamente a nulla; se ce ne rendiamo conto non a parole, vediamo l’assurdità di quello che stiamo facendo… allora ci ritroviamo ad affrontare un fatto. Non è questione di liberarsi dalla dipendenza. Il fatto non è la dipendenza; la dipendenza è solo una reazione a un fatto… Perché allora non affronto il fatto e sto a vedere che cosa succede? A questo punto sorge il problema dell’osservatore e dell’osservato. L’osservatore dice: “Mi sento completamente vuoto; non lo sopporto” e fugge da questa sensazione. L’osservatore dice: “Io sono diverso da questo vuoto”. Mentre, invece, l’osservatore è proprio questo vuoto; non c’è un osservatore che stia vedendo quel vuoto. L’osservatore è l’osservato. Quando questo accade, avviene una rivoluzione tremenda nella mente e nel cuore.

Jiddu Krishnamurti, da “Il Libro della Vita”

“Una cosa sola insegno”, diceva il Buddha, “il dukkha (sofferenza) e la liberazione dal dukkha”.
Secondo Buddha, la causa dell’infelicità è il rifiuto di accettare i “tre segni dell’essere”. Questi sono:
1. Anicca – Impermanenza;
2. Anatta – L’irrealtà dell’io come unità permanente, autonoma e autodiretta;
3. Dukkha – La sofferenza nel senso più lato.
Quando sono pienamente accettati, l’uomo consegue il Nirvana. Cioè: tutti gli uomini soffrono, ma non tutti sono infelici, si è infelici quando non si accetta la sofferenza.

Alan Watts

 Affronta i fatti e vedi che cosa succede
Tutti conosciamo quel tremendo senso di solitudine nel quale né i libri né la religione servono più a niente, quando tutto quello che rimane dentro di noi è un vuoto spaventoso. La maggior parte di noi non riesce ad affrontare quel vuoto, quella solitudine; così fuggiamo e andiamo a cercare rifugio nella dipendenza da qualcosa, perché non possiamo sopportare di rimanere soli con noi stessi. Accendiamo la radio, leggiamo, lavoriamo, chiacchieriamo incessantemente occupandoci delle cose più diverse, dell’arte, della cultura. Ma arriva il momento nel quale non possiamo fare a meno di imbatterci in quel senso tremendo di isolamento. Anche se abbiamo un ottimo lavoro in cui tuffarci disperatamente, anche se ci mettiamo a scrivere libri, dentro di noi c’è questo vuoto tremendo. E siccome vogliamo riempirlo, ricorriamo alla dipendenza. Ci rifugiamo nella dipendenza, nei divertimenti, nella religione; facciamo dell’assistenza, ci diamo al bere, alle donne, facciamo di tutto per riempire quel vuoto. Ma se ci rendiamo conto che qualunque cosa facciamo per riempirlo o per nasconderlo non serve assolutamente a nulla; se ce ne rendiamo conto non a parole, vediamo l’assurdità di quello che stiamo facendo… allora ci ritroviamo ad affrontare un fatto. Non è questione di liberarsi dalla dipendenza. Il fatto non è la dipendenza; la dipendenza è solo una reazione a un fatto… Perché allora non affronto il fatto e sto a vedere che cosa succede? A questo punto sorge il problema dell’osservatore e dell’osservato. L’osservatore dice: “Mi sento completamente vuoto; non lo sopporto” e fugge da questa sensazione.
L’osservatore dice: “Io sono diverso da questo vuoto”. Mentre, invece, l’osservatore è proprio questo vuoto; non c’è un osservatore che stia vedendo quel vuoto. L’osservatore è l’osservato. Quando questo accade, avviene una rivoluzione tremenda nella mente e nel cuore.

Jiddu Krishnamurti

FILIPPO FALZONI GALLERANI