Simboli e visioni nella Psicologia Transpersonale e Archetipica


Una delle illustrazioni con cui Jung ha decorato il Libro Rosso

Nelle tradizioni sapienziali della tradizione classica l’inconscio era concepito come un mondo metafisico e reale abitato da forze benigne e malefiche che possono influenzare e dirigere il nostro vivere. Al giorno d’oggi gli psicologi trattano in genere molto riduttivamente l’inconscio, ad eccezione delle correnti Transpersonali e Archetipiche, di cui parlo in queste righe. Il mondo degli archetipi e delle figure mistiche e mitiche che abitano il regno della psiche, sono state oggetto di studio sin dall’alba delle civiltà ed è alla base di ogni cultura e fonte di conoscenze filosofiche.
La mitologia d’Oriente e d’Occidente, Cristiana e Pagana, mostra la straordinaria ricchezza delle figure che rappresentano le energie che ci dirigono. Le religioni sono ricche di tali immagini simboliche e le visioni e ispirazioni dei fondatori sono le basi della civiltà. Mistici, yoghi, sciamani danno una descrizione di questi mondi immaginali che trova, con nomi diversi, evidenti paralleli in ogni epoca e luogo, tanto da poter riconoscere una realtà oggettiva a queste istanze psichiche. L’Oriente ha conservato opere vastissime come il Mahabharata e il Ramayana ma, oltre alle religioni sono pilastri della nostra cultura universi visionari come l’Odissea e l’Iliade, che sono espressione di questi mondi mitici nei quali l’eroe si deve confrontare con difficili prove per realizzare se stesso. Dopo il confronto con il mondo immaginale sotterraneo, come l’affrontare mostri, sconfiggere demoni, la discesa all’Ade o la salita ai cieli e simili iniziazioni, i premi per l’eroe vittorioso sono il ritorno a casa, la riconquista del regno, la rinascita, la vittoria sulla morte, il risveglio e la liberazione.

Troviamo questi temi in Egitto e in Tibet, in leggende e fiabe, nei racconti di Giasone e il vello d’oro, nei miti Orfici, il per non citare i neoplatonici come il grande Plotino e le sue Enneadi. Le visioni e le immagini che sorgono in noi spontaneamente dall’alba delle civiltà rappresentano la sorgente nascosta di verità esoteriche che il pensiero razionale non può cogliere in quanto si tratta di energie e di stati dell’essere esperienziali e non di concetti.
Nel Rinascimento abbiamo la riscoperta di culti orientali e pagani, e personaggi come Marsilio Ficino, Pico della Mirandola, Giordano Bruno, trattano ampiamente di fantasmi psichici che la magia e la suggestione posso produrre e di poteri invisibili che ci agiscono.
Nel secolo scorso C. G. Jung ci ha lasciato un’opera grandiosa nella quale ha dato un’interpretazione al significato che hanno per la psiche i simboli religiosi e alchemici, raccogliendo in anni di studi testi medievali e gnostici di inestimabile importanza. In testi come Psicologia e Alchimia e Psicologia e Religione e altri ponderosi volumi i simboli sono tradotti in modo tale da offrire nuove prospettive e illuminanti intuizioni sul vero significato delle religioni e per comprendere gli aspetti esoterici e trasformativi delle dottrine sapienziali.
Jung ha permesso la pubblicazione del Libro Rosso 50 anni dopo la sua scomparsa, perché era certo di non poter essere compreso. I suoi dialoghi interiori con le visioni e immagini sarebbe stata interpretata dalla scienza imperante come una manifestazione psicotica. In verità si tratta di un’opera di sostanziale importanza per la Psicologia del futuro, in quanto la descrizione del rapporto dialettico che Jung ebbe con le immagini dell’inconscio in un periodo critico della sua vita è un percorso iniziatico che, benché intrinsecamente personale, rappresenta il viaggio interiore che dall’alba delle civiltà l’uomo affronta per trovare il proprio vero Sè. Questo ci induce a riconoscere che il processo psicoterapeutico è essenzialmente esperienziale, e le interpretazioni intellettuali per quanto corrette non hanno alcuna efficacia trasformativa se non sono vissute. Jung curò di rappresentare queste esperienze con dipinti che decorano il volume di grande bellezza artistica e calligrafica, molto simile a un codice miniato medievale. Un Pdf del Libro Rosso – testo in Inglese – con le bellissime immagini dipinte da Jung è visibile: https://www.dropbo RedBook.pdf.
Per fare un altro esempio, gli antropologi che hanno sperimentato sostanze psicoattive come l’Ayahuasca e il DMT, sono stati sbalorditi dal constatare che una sostanza chimica può condurre in mondi abitati da presenze dinamiche, entità di forme impensabili che si manifestano per dare il benvenuto e offrire insegnamenti su sconosciute dimensioni dello spazio tempo, sulla natura della coscienza e del cosmo. (Vedi T. McKenna).
Anche queste esperienze confermano la realtà immateriale, ma attiva e operante, di questo mondo potente e vastissimo cui possiamo accedere solo in particolari stati di coscienza. Per ritornare a esperienze comuni, come non ricordare la fantasmagoria di immagini che si possono manifestare nei sogni che occasionalmente rappresentano epifanie stupefacenti e cariche di significato e di precognizione.
Lo studio dei sogni, ovviamente, non inizia nel ‘900 con Freud ma ha radici antichissime, e non solo come mezzo per cogliere presagi, viaggiare nello spazio e nel tempo o per comunicare con i defunti, ma anche come percorso di guarigione. Nell’antica Grecia la terapia passava attraverso il sogno e Terapeutas era colui che assisteva alla guarigione. Il malato era condotto in un tempio sotterraneo dove sarebbe stato guidato da esperti sacerdoti a entrare in un sonno profondo durante il quale la divinità poteva guarirlo attraverso un sogno. Tale metodica era detta “incubazione” e si dice che Jung stesso avesse accesso al mondo visionario che ha descritto, con questa pratica di distacco della mente da tutti i pensieri verso una specie di sonno vigile in cui si può partecipare coscientemente ai sogni. Potrei andare avanti per molte pagine a citare autori che si sono dedicati allo studio di queste realtà ormai rimosse dalla cultura contemporanea, da Neumann a Eliade e in particolare la Psicologia Archetipica di J. Hillman che ha cercato di cogliere la rivelazione che sta alla base del pensiero di Jung, assieme al lavoro e agli scritti di Sonu Shamdasani che ne ha curato l’opera e studiato la vita e le origini del suo pensiero nel modo più minuzioso e profondo. (Per chi desidera approfondire metto in fondo una piccola bibliografia dei testi consultati.)
In anni recenti nell’opera di Peter Kingsley ho trovato un’ennesima attendibile testimonianza che le radici della nostra cultura e il pensiero dei grandi filosofi alla base della nostra logica sono scaturiti da esperienze in stati di coscienza che trascendono il pensiero, in cui l’io del filosofo scompare ed egli è posseduto da una superiore consapevolezza, la si chiami Daimon, Atman, Sé, o Logos… Kingsley dimostra con appassionanti studi storici come i filosofi presocratici iniziati ai misteri portassero dall’esperienza nell’altra realtà una visione che distruggeva la comune percezione condivisa dagli uomini, che la si chiami Avidya, Maya o inganni dell’io. In stati di assorbimento interiore i filosofi incontravano gli dèi che mostravano loro una realtà indivisa senza tempo oltre la mente, la nascita e la morte, senza creazione né distruzione.
Posseduti dal contatto con la divinità erano iniziati alla percezione della realtà atemporale, all’attimo eterno, alla coscienza indivisa dell’Uno primordiale da cui siamo emanati… Queste esperienze interiori erano la chiave della saggezza e della comprensione dei problemi umani. Kingsley mostra chiaramente come tutto questo non è stato compreso poiché non si tratta di concetti astratti ma di stati di coscienza non ordinari di consapevolezza unitaria oltre all’ego, inesprimibili con le parole. Cercando di razionalizzare il messaggio esso diventa oscuro, ed è per questo che abbiamo perduto le radici di saggezza della nostra stessa cultura e siamo prigionieri del pensiero frammentato.
Nei secoli gli studiosi di Parmenide invece di cercare l’iniziazione all’altra realtà da cui egli aveva tratto la conoscenza, si sono limitati a discutere sulle sue parole come il fondatore del pensiero “razionale”, trascurando due aspetti fondamentali del suo modo di accedere alla conoscenza: Metis e Elenchos. Metis è la particolare qualità di intensa consapevolezza che senza sforzo può essere consapevole di tutto all’istante. Mentre le nostre menti vaganti se ne vanno nei loro viaggi senza fine, essa sta sempre a casa. E la sua casa è ovunque. Metis, sente, ascolta, osserva… (Sembrano parole di Krishnamurti sull’attenzione non divisa). Il termine Elenchos rappresenta la capacità di comprendere e comunicare in modo convincente le verità ispirate dalla dea.
Ecco alcune righe tratte da una libera traduzione del libro: “Reality”, pag. 153, Cap. 12, Scrive Kingsley:
“Il fatto che entrambi Parmenide e Socrate abbiano dato particolare importanza al processo di elenchos è molto significativo considerando che sono spesso visti come i due grandi padri della filosofia. E potrebbe sembrare sorprendente che questa corrispondenza non sia mai stata considerata e compresa. Ma a un esame più attento possiamo capire perché pochi hanno voluto farlo. La pratica di elenchos non era una questione di scelta personale o di soddisfazione per Socrate. I resoconti concordano che ha fatto ciò che ha fatto, spinto da un comando divino: gli era stato ordinato di farlo dagli dei. Parmenide, spiega che il processo di elenchos gli fu rivelato da un essere divino. Anche lui non aveva alcuna scelta in merito. Gli fu dato il divino comando di riportare ciò che era stato mostrato in un altro mondo, oltre al mondo dei viventi; ed è questo esattamente quello che fece. I due padri fondatori di una filosofia “razionale” invero stavano entrambi portando avanti una missione per conto degli dei. Per tutta la sua vita Socrate continuò a ricevere la guida divina che lo aveva portato innanzitutto alla pratica dell’elenchos. Ci arrivò attraverso oracoli, ma soprattutto attraverso i sogni. Per quanto riguarda Parmenide: le prove lo connettono con un lignaggio di sacerdoti esperti di incubazione e dell’evocare la guida divina attraverso i sogni. E il poema che espone il suo insegnamento su elenchos è il risultato diretto di un’incubazione, esperienza che lo ha portato faccia a faccia con la dea. Troviamo lo stesso processo di base che si ripete da secoli, più tardi, con i cosiddetti scrittori ermetici in Egitto, che lasciarono testi che registrano la conoscenza divina ricevuta in stati di incubazione, che poi sono stati incaricati di rendere disponibile agli altri esseri umani. Per tornare all’essenziale: il nocciolo del processo di elenchos mostrato a Parmenide dalla dea consisteva nel fatto che gli uomini e le donne “non sanno nulla”. “Non sapere nulla”. Il cuore del messaggio di Socrate e lo scopo incrollabile dei suoi elenchos era di mostrare alle persone che non sanno niente. Non c’era speranza di conoscenza reale senza prima aver accettato e compreso questo. Gli elenchos di Socrate presero la forma molto particolare nel fare sì che le persone con cui parlava si contraddicessero: rivelare che nonostante la loro apparente conoscenza, erano completamente in autocontraddizione con sé stessi. Per Parmenide e Socrate, l’umana condizione mostra che siamo totalmente in contraddizione con noi stessi – viviamo, camminiamo in auto contraddizione – e tutta la nostra intelligenza e le migliori intenzioni peggiorano soltanto la situazione”…
L’uomo nell’antichità percepiva una coscienza che permea e trascende la natura, mentre lo scientismo moderno riduce tutto a materia e non considera reale ciò che non è misurabile… L’inconscio è tutto ciò che si muove in noi al di fuori del raggio della nostra consapevolezza, e la nostra consapevolezza ordinaria è molto superficiale, spesso è un chiacchierio legato a fatti quotidiani di nessuna importanza, a desideri e timori e dalla ricerca di sicurezza e piacere. Raramente ascoltiamo i moti profondi dell’animo e siamo all’oscuro di tutti i processi fisiologici che si svolgono naturalmente senza la nostra partecipazione. Anche la respirazione, che è una funzione sia volontaria, sia involontaria, è quasi sempre meccanica ed estranea al nostro sentire. E’ inconscia l’eredità non solo fisica e cromosomica, ma anche culturale di tutti gli antenati e non ci rendiamo conto di essere espressione dell’inconscio collettivo che domina il nostro sentire sino a quando, attraverso l’autoindagine, ci differenziamo da esso esprimendo le nostre autentiche peculiarità. Dentro di noi, oltre i confini angusti della memoria e dell’io fenomenico, ci sono le radici profonde dell’Essere, l’afflato dello Spirito e del Soffio che ci tiene in vita e che ci anima come consapevolezza. Scendendo consapevolmente sino a queste radici della coscienza si giunge alla meta di ogni ricerca metafisica e conoscenza di Sé, cioè all’Unità che è l’Alpha e l’Omega e l’integrazione di Yin e Yang.
E’ l’armonia e la pienezza che nasce dall’integrazione degli opposti, maschile e femminile, Essere e divenire, vuoto e forma, il Sé e l’io. Al giorno d’oggi c’è molta confusione su questo tipo d’esperienze, da un lato l’umanità è sempre più imprigionata dal pensiero razionale materialista e dalla natura meccanica della società, dall’altro si nota che, a parte alcune ottime pubblicazioni che permetterebbero una seria guida alla conoscenza, c’è un proliferare di correnti pseudo spirituali che insegnano una parodia di ogni vera esperienza metafisica. Le follie dei falsi maestri che plagiano i creduloni ha disgustato molti, tanto che a sentir parlare di visioni spirituali si sospetta subito qualcosa di malato.
Nell’attuale decadenza culturale a volte si confondono prodotti della fantasia e dell’auto suggestione per autentiche esperienze psichiche, oppure ci si rifiuta del tutto di prendere in considerazione il mondo dell’anima. Ho trattato in altre pagine la cosiddetta “pre-trans fallacy” ovvero la confusione tra le esperienze pre-egoiche con le esperienze transegoiche, delle prerazionali con le transrazionali, delle pre-personali con le transpersonali, in quanto tutte appartenenti a una dimensione non egoica, personale e razionale, si possono confondere tra loro mentre sono di natura radicalmente diversa, in un caso prima della ragione nell’altro oltre la ragione, ecc. Non riconoscere questa differenza porta a considerare fantasie isteriche e le visioni di un mistico, o viceversa considerare uno stato catatonico un samadhi. Alcuni psichiatri riducono tutti gli stati meditativi a una regressione patologica e, sul fronte opposto, praticanti entusiasti ma inesperti, considerano meditazione dei momentanei stati di assenza che sono invero semplici fughe dalla realtà.
C’è poi un altro aspetto altrettanto importante: se scartiamo l’auto suggestione e le fantasie egoiche, le espressioni della psiche anche quando sono autentiche spontanee possono ingannare e produrre squilibri della personalità quando non le si coglie in modo corretto. Gli archetipi hanno caratteristiche numinose e mitiche che possono condurre chi non è preparato fuori strada in quanto l’identificare l’io fenomenico con l’archetipo è patologico. Userò l’esperienza di una partecipante a un mio seminario come esempio adatto a chiarire ciò che vorrei esprimere.
M. mi scrive dopo un recente seminario: Racconto dell’esperienza: “All’inizio della visione ero in un posto invaso da un’intensa luce gialla, dove tutti i partecipanti al seminario erano uniti con me in un canto corale di preghiera, bellissimo, erano chini, ma potenti nel canto. Lo spazio si è poi dilatato all’infinito e tutti noi eravamo nella luce di un deserto africano, ma non era caldo. Si è quindi unita a noi una folla immensa di persone vestite con una tunica color tabacco e pregavano cantando, chini anche loro. Io ufficiavo una cerimonia sacra, all’inizio ero con loro, poi non li ho più visti, ero da sola in uno spazio infinito e, dalle mie spalle, si è alzato lentamente un cobra, è andato verso il collo, è salito dalla nuca, su lungo la testa, poi sopra la testa e la sua testa era lì sopra come un piccolo ombrello che mi proteggeva, potente. Io ho iniziato ad allungarmi indietro, come fossi il cobra, (se tentassi di farlo ora mi spaccherei la schiena!). E’ andata avanti così per un po’: avevo bisogno di allungarmi indietro. Era liberatorio, potente e bellissimo. La mia parte razionale ha cominciato a dirmi che era meglio non correre rischi fisici. Quando ho smesso di chinarmi indietro, mi è arrivato un messaggio dall’alto: “hai il tuo posto, prendilo!” (è da ieri che continuo a chiedermi quale è il mio posto, cribbiolino e poi, che tipo di posto??? spirituale? devo cominciare a fare qualcosa che fino ad ora non ho mai fatto? devo andare in qualche posto? devo cambiare qualcosa nella mia vita? Falzoni illuminami per favore! Altrimenti diglielo tu a quello che mi parla di essere più chiaro! Questo è quanto. Se hai tempo, se hai voglia, mi piacerebbe leggere un tuo commento”.
La persona è una signora matura ed equilibrata, che non si è mai particolarmente interessata allo yoga o alla ricerca metafisica, e che affronta queste visioni con il dovuto distacco e ironia. Grazie alla mia presentazione del metodo ha evitato di inflazionare il proprio ego con fantasie di grandezza. Avvicinarsi senza le opportune indicazioni a questo tipo di fenomeni l’avrebbe potuta portare a considerarsi una persona davvero “speciale”, prescelta per un grande compito umanitario… Immagino quanti maestri improvvisati le avrebbero detto che aveva ricordato una vita passata in cui era una grande sacerdotessa e ora deve ritrovare tale autorevole stato. Questo è il pericolo “dell’ego spirituale”: la miglior maschera in cui nascondersi, che porta a fantasie di onnipotenza ad illusioni, frustrazioni e conflitti. Si possono comprendere questo tipo di comunicazioni che giungono dall’inconscio senza gonfiare l’ego.

Quando M. sente dentro di sé: “hai il tuo posto, prendilo!possiamo intenderlo come: “diventa ciò che sei” di Nietzsche, ovvero realizza il tuo vero Sé, vivi con autenticità, certo non è un suggerimento di diventare chissà chi. La realizzazione del Sè (l’autorealizzazione) è presagita dall’inconscio con immagini iniziatiche e mistiche che sono solo simboli di sanità. Se il soggetto immagina di essere esaltato a ruoli di grandezza mistica invece di liberarsi ed emanciparsi dall’ego per vivere in autenticità spontanea, può invece cadere in un’illusione maniacale narcisistica.
Per trovare sé stessi non c’è bisogno di immaginarie iniziazioni in monasteri segreti, né si deve diventare differenti e “spirituali”.
Si tratta della folgorante scoperta dell’illusorietà dell’io fenomenico separato dal Sé trascendente da cui emerge, che è risvegli e liberazione da pensieri e illusioni. Ci si accorge semplicemente che siamo già e da sempre ciò che cercavamo… Non cambiamo il nostro comportamento esteriore, ma non siamo più “divisi”. I conflitti io/altro, mente/corpo, coscienza/natura, son dissolti nella pienezza… Uno stato che “intender non lo può chi non lo prova”. Il risveglio si rivela una realtà assolutamente differente dall’idea che comunemente si immagina. Non assomiglia per nulla a quanto pensavamo dell’illuminazione. Non c’è nessuno che si illumini, piuttosto si dissolve il cercatore dell’illuminazione.
È la chiara percezione della realtà, senza il filtro del pensiero condizionante dall’egocentrismo. In un certo senso si potrebbe dire che non succede nulla, che non cambia proprio nulla eppure è finita la lotta, è finita la ricerca, fine del conflitto e dell’insoddisfazione. Si è dissolta la paura della morte e l’attaccamento al mutevole divenire, senza né controllo né abbandono, si vive con spontanea autenticità. Non c’è bisogno che di alcun riconoscimento da parte di nessuno, perché si vive in una straordinaria semplicità e chiarezza, senza bisogno di sostenere nessuna parte e ruolo se in naturale semplicità… Fluire con la vita perché siamo la Vita e non separati da essa, offre una straordinaria sensazione di libertà e pienezza. Al contrario chi si esalta posseduto dall’idea di incarnare il personaggio del risvegliato o del prescelto, ricade ancor più nel dualismo e in nevrosi narcisistiche. Il principale danno all’integrità dell’individuo che fraintende il messaggio spirituale è l’autoinganno che impedisce di ragionare con chiarezza in una paralisi dell’intelligenza. Per questo molti rifiutano di avvicinarsi ad argomenti metafisici, che anche la persona istruita le guarda con sospetto nel dubbio nascondano irrazionalità e follia. La ricerca di sé, invero, è un cammino difficile, ma, se da un lato possiamo vedere nel mondo la decadenza e il nichilismo, dall’altro vediamo sorgere l’alba di una nuova coscienza e un’emergente rinascita spirituale. Ed è proprio in questi tempi di rapida trasformazione che la realizzazione di sé diventa una necessità, e la sola guida sicura la troviamo nella riscoperta della saggezza perenne che nasce dalla pace mentale e dal risveglio del cuore.

FilippoFalzoni Gallerani, Milano 2019

27 agosto 1946 Mircea Eliade esule a Parigi scrive nel diario:
Penso di essere il solo a poter superare gli insuccessi a catena, le sofferenze, le malinconie, la disperazione, nel momento in cui, con uno sforzo di lucidità e di volontà, capisco che rappresentano, nel senso concreto, immediato del termine, una discesa agli Inferi. Appena uno “capisce” che sta realizzando questo smarrimento labirintico negli Inferi, sente di nuovo, decuplicate, quelle forze spirituali che credeva di aver perduto da lungo tempo. In quell’istante, ogni sofferenza diventa una “prova” iniziatica.

Bibliografia:

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Coomaraswamy A. K.: Induismo e Buddismo. Storia, dottrina, credenze e scritture sacre, Rusconi Editore Milano, 1973-94
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De Quincey T.: Le Confessioni di un Mangiatore d’Oppio, Rizzoli Editore Milano, 1956
David Neel A.: La vita sovrumana di Gesar di Ling, Edizioni Mediterranee Roma, 1990
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Eliade Mircea: Immagini e Simboli, Edizioni Jaca Book Milano 1980
Eliade Mircea: La Creatività dello Spirito, Edizioni Jaca Book Milano 1975
Eliade Mircea: Lo Sciamanesimo e le Tecniche dell’Estasi, Edizioni Mediterranee Roma 1974
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Falzoni-Gallerani F.: L’Io Trasparente, 2 vol. edizione privata. Milano 2005
Falzoni-Gallerani F.: La saggezza non dualista. edizione privata, Milano 2009
Kingsley P.: Nei luoghi oscuri della saggezza”, Marco Tropea Editore, Milano 2001,
Kingsley P.: Reality, The Golden Sufi Center
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Hillman J.: Il lamento dei morti, Edizioni Bollati Boringhieri, Torino, 2014
Hillman J.: Anima, Edizioni Adelphi Milano 1989 Hillman J.: Animali del Sogno, Cortina Editore Milano 1991
Hillman J.: Il Codice dell’Anima, Edizioni Adelphi Milano 1997
Hillman J.: Il Mito dell’Analisi, Edizioni Adelphi Milano 1979
Hillman J.: Il Sogno ed il Mondo Infero, Edizioni il Saggiatore Milano 1988
Hillman J.: Le Storie che Curano, Cortina Editore Milano 1984
Hillman J.: Re-visione della Psicologia, Edizioni Adelphi Milano 1983
Hillman J.: Saggio su Pan, Edizioni Adelphi Milano 1977
Hillman J.: Trame Perdute, Cortina Editore Milano 1985
Horvath Gabriela D.: Shakespeare. Ermetismo, mistica, magia, Biblioteca studi Inglesi e Edizioni di storia e letteratura Roma 2003
Huxley A.: Filosofia Perenne, Edizioni Adelphi 1995
Jung C.G.: Il Libro Rosso, Editore Boringhieri Torino 2010-2012
Jung C.G.: Simboli della Trasformazione, Editore Boringhieri Torino 1970
Jung C.G.: Gli Archetipi e l’Inconscio Collettivo, Editore Boringhieri Torino 1976
Jung C.G.: Psicologia e Religione, Editore Boringhieri Torino 1979
Jung C.G.: Mysterium Coniuctionis, Editore Boringhieri Torino 1990
Jung C.G. Lo Zarathustra di Nietzsche, tre volumi Editore Boringhieri Torino, 2011
Jung C.G.: Aion Ricerche sul Simbolismo del Sé, due vol. Editore Boringhieri Torino 1982
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Matgioi (Giorge A. Puyou conte di Pourville): La Via Metafisica, Edizioni Luni, Milano, 2005
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Zolla E., Marchianò G.: Filosofia perenne e mente naturale, Edizioni Marsilio, 2013

Che cosa c’è di “spirituale” in tutto questo

Ricordo che nel 1989-90, quando scrissi il mio primo libro sulle tecniche di respirazione, a causa di un ritardo della stampa, ebbi modo di ricorreggere il testo durante il mio annuale soggiorno in India. Alla prima rilettura ringraziai il cielo di quel ritardo editoriale. Rimasi quasi inorridito nell’accorgermi che avevo scritto almeno nove pagine di severe critiche sull’uso improprio delle tecniche di respirazione, di meditazione ed in particolare del Rebirthing.
Nella serenità himalayana, messe da parte le irritate reazioni dell’ego professionale che aveva dominato in quelle pagine, pensai che non dovevo criticare nessuno e scrivere soltanto ciò che ritenevo corretto senza preoccuparmi di come altri si improvvisassero terapeuti o guide spirituali senza rendersi conto di ingannare sé stessi e i pazienti con fantasie narcisiste. Riconoscevo nel Rebirthing la tecnica più potente ed efficace che avessi mai sperimentato, nonostante i fondatori americani del metodo la associassero a teorie semplicistiche per me inaccettabili.
Di fronte a queste lacune, che screditavano la validità del metodo, pensai fosse sufficiente portare avanti un approccio serio, senza prendere in considerazione le pericolose facilonerie che ne stravolgevano l’efficacia e ne screditavano il nome. Così al mio rientro dall’India portai all’editore Armenia un libro del tutto privo di anatemi e purgato da ogni critica alle scuole americane.
Pochi anni dopo mi fu proposto da Rusconi di scrivere un libro per illustrare in particolare il mio metodo. Nel 1996 pubblicai con il titolo “Rebirthing Transpersonale” un testo più specifico per differenziare il mio approccio, sempre evitando di fare critiche dirette. Da allora sono passati molti anni e ho scritto altri libri e vari articoli in cui ho cercato di evitare critiche dirette ad altre scuole, ma ho trovato indispensabile mettere in luce gli inganni dell’ego. Al giorno d’oggi infatti, internet ha diffuso su vastissima scala insegnamenti di filosofia orientale, meditazione, spiritualità, Yoga, sviluppo personale, Olismo, non-dualismo, ecc., ma molte di queste informazioni non soltanto sono scorrette, ma spesso anche svianti e dannose e devo esprimere il mio dissenso critico per la prospettiva egoica che nascondono. Da un lato tutto ciò che esiste ha diritto di esistere, tutto è un’apparizione momentanea ma per amore di verità mi par doveroso prendere in considerazione gli errori più diffusi e condivisi, se questo può evitare a qualcuno sofferenze e delusioni. L’intelligenza discriminante che svela inganni e illusioni è un ingrediente indispensabile sulla via della liberazione, e nel riconoscere ciò che è falso ritroviamo il vero, senza che ci sia conflitto.
Tutti cercano a loro modo la felicità, il benessere, l’amore, la sicurezza e la pace interiore, ma nella stragrande maggioranza dei casi lo fanno nella direzione sbagliata, e per questo è importante chiarire le coordinate del percorso.
La totalità psicosomatica dell’individuo è un algoritmo estremamente complesso, molto flessibile ma delicato tanto che basta un piccolo squilibrio per rompere l’armonia della salute olistica e l’integrità, che accompagnano la gioia di vivere e la realizzazione di sé. Si potrà vivere anche 90 anni in uno stato di disarmonia, ma non sarà vita pienamente vissuta, ma una faticosa e spesso dolorosa sopravvivenza.
Bastano piccoli blocchi emotivi e i più comuni condizionamenti psicologici, perché si disperda gran parte dell’energia che è alla base dell’intelligenza intuitiva, dell’empatia, dell’entusiasmo e dell’ispirazione.
Ogni cambiamento è impossibile se non da una prospettiva radicalmente diversa da quella comunemente proposta dalle discipline di automiglioramento quando queste non depurate dall’inganno dell’ego. Al contrario delle fantasie misticheggianti e delle estasi prodotte dall’autosuggestione, la liberazione nasce dal doloroso confronto con il lato oscuro, da una crisi, dalla disillusione e dalla resa[1].
Molti approcci, invece di affrontare i blocchi psicofisici e l’erronea prospettiva del ricercatore (gli inganni dell’ego), suggeriscono di pensare positivo e immaginare il cambiamento desiderato per creare così la propria realtà, come se si potesse avere questa libertà creativa senza aver prima riconosciuto chi siamo veramente, cosa stiamo cercando e perché lo cerchiamo.

Cerchiamo la verità che svela il nostro nulla o gratificazioni per l’ego in versione spirituale?

Invero il primo passo per iniziare qualunque processo autenticamente trasformativo è il coraggioso riconoscimento della nostra inconsistenza come individui indipendenti dalla vita stessa. Arrendersi alla realtà conduce al testimone trasparente a sé stesso, libero dal tempo che abbraccia il divenire. Vuoto e Forma, Essere e Divenire, Shiva e Shakti non sono altro che la pienezza della vita vissuta con coraggio e spontaneità.
In questo senso il Mahamudra di Tilopa afferma che “la più alta meta è l’essere ordinario privo di speranza e paura”.
Arrendersi alla realtà non ha nulla a che vedere con la passività, anzi implica attività efficace con il coraggio di vedere le cose come sono e di riconoscere i limiti dell’ego-immagine prigioniero di astrazioni e concetti.
Quell’io fatto di pensieri e aspettative non ha il controllo della situazione, anzi ne ostacola il fluire, ma difficilmente osa riconoscerlo e altrettanto difficilmente lascia la presa.
Questo autoinganno è l’errore più sottile e il problema più diffuso che impedisce di vedere e comprendere sé stessi e il mondo e che conduce ad una falsa percezione di sé.
Ed è per questo che è anche molto difficile da comunicare a chi non abbia il cuore aperto alla vita e la mente aperta al mistero e al sapere di non sapere.
Siamo energia-consapevolezza che abbraccia senza divisioni il reale e ci identifichiamo con un corpo separato dal mondo, seppure sia il corpo, sia le percezioni esistono all’interno di questa stessa consapevolezza, che è la nostra vera natura.
Siamo la vita che anima ogni essere, ma identificati con l’io abbiamo paura di morire e fantastichiamo sulla reincarnazione o la vita eterna come se fosse quell’ego che scompare appena siamo distratti o addormentati a dover durare per sempre… Come spesso ripeto, l’ego è illusorio in quanto è una non-entità, un’immagine mentale, un riflesso del pensiero e questo io vorrebbe trovare la liberazione? Che assurdità… Si spera che duri in eterno invece di comprendere che giova liberarsene immediatamente riconoscendone la natura illusoria e divisiva. Separiamo noi stessi dalla vita immaginando di essere qualcosa-qualcuno di esterno a ciò che percepiamo. Ma quando siamo in armonia tutto fluisce in spontanea pienezza e non c’è sensazione di un io separato con il suo bagaglio di pensieri. Non c’è neppur nessun bisogno di distruggerlo, basta riconoscere cos’è.
Molti pretendono di raggiungere uno stato, lo si chiami: consapevolezza, silenzio mentale, chiarezza, risveglio, ma esso sfugge a qualunque tentativo da parte dell’ego di raggiungerlo perché appartiene a un piano esperienziale oltre le immagini mentali che l’ego incarna, ma neppure lo si raggiunge cercando di annullare l’ego!
La coscienza del Sé è uno stato di totale libertà ed equanimità, che è impensabile per la mente che per natura si basa sulla contrapposizione delle polarità, mentre nella pienezza di sé si coglie la reale interdipendenza degli opposti.
Molti pseudo-insegnamenti spingono gli allievi a cercare qualcosa che non si potrà mai trovare perché si manifesta solo in una coscienza libera dal cercatore e dalla ricerca.
L’ego scompare nella consapevolezza senza scelta di ciò che è e con esso scompaiono i legami del passato e i condizionamenti che ci imprigionano, senza che questo implichi alcun vuoto di memoria, ma solo libertà dal conflitto.
Molti cercano il cambiamento senza comprendere che il problema non è cambiare, ma riconoscere chi vuole farlo, e che se osserviamo bene non abbiamo bisogno di alcun cambiamento perché tutto è già qui se si smette di cercare.
La divisione interiore tra “controllore e controllato”, che in questo modo si instaura, è sempre autofrustrante e cessa di essere un problema quando la accettiamo come semplice gioco della mente.
A volte gli insegnamenti spirituali, le ideologie di liberazione e autotrascendenza, attraverso cui molti cercano di affrancarsi dalla sofferenza, sono travisati a tal punto da amplificare la confusione.
Per vivere lo “stato naturale” (termine con cui Ramana Maharshi indica la coscienza del sé) non si possono usare metodi che complicano la situazione e conducono la mente impreparata ed ego-riferita in un ginepraio di paradossi.
Lo sforzo di liberarsi dallo sforzo crea un doppio sforzo e si è in ansia nella ricerca della pace. È fondamentale comprendere che la meditazione non può essere premeditata dall’ego che vuol liberarsi di sé stesso!
La percezione diventa chiara e luminosa quando siamo coscienti del testimone impersonale che riconosce l’io come una semplice funzione della mente.

[1] Nel mito: Proserpina viene rapita da Plutone, il Dio degli inferi, che un giorno, stanco delle tenebre, decide di affiorare alla luce e vedere un po’ di questo mondo. Plutone, quando vede Proserpina, così bella, viene abbagliato dalla sua bellezza e subito si precipita verso di lei, l’artiglia e la rapisce. Sua madre, la dea Cerere, dopo 9 giorni e 9 notti insonni di dolore, si rivolge a Giove, per implorarlo di riavere la figlia. Alle indecisioni di Giove, Cerere risponde con gravi siccità e carestie sulla Sicilia. Alla fine, Giove, invia Mercurio da Plutone, che deve obbedire e restituire Proserpina. Prima di farla partire, fa mangiare a Proserpina dei chicchi di Melograno. La discesa di Proserpina negli inferi rappresenta il cammino della Coscienza che scende in profondità, ad esplorare e conoscere gli aspetti più bui della personalità, attraverso prove ed errori, e progressive intuizioni, per poi risalire a nuova vita. Il Melograno è simbolo di Risurrezione, ed è per questo che Plutone fa mangiare a Proserpina dei chicchi di melograno, una volta risalita in superficie, alla luce. Plutone è il portatore di gravi turbamenti, viene considerato dal punto di vista simbolico come colui il quale è capace di portare a galla tutto ciò che non è stato ancora trasformato dalla Coscienza: distrugge gli ostacoli che impediscono la sintesi, passando di crisi in crisi. Le prove della siccità e delle carestie fanno parte del cammino dell’ascesa della Coscienza. Mercurio simboleggia la mente superiore, è il messaggero tra gli Dei (la Dimensione Spirituale) e gli uomini (la Dimensione Mentale) e quando compare, Plutone può solo ubbidirgli. Giove, re dell’Olimpo e Dio del Cielo e del Tuono, rappresenta le energie dell’Amore inclusivo e compare sempre a risolvere le situazioni, dopo che il dramma è stato consumato: è la celebrazione dell’Amore, che trionfa, dopo la battaglia e il dolore (Sepe, Onorati, Rubino, Folino, 2012).

Filippo Falzoni G., Milano

I Maestri cinesi dello Zen (Huang-Po)

Tratto dall’originale cinese di P’ei-Hsiu

Il Maestro disse:

Tutti i Buddha e tutti gli esseri viventi non sono altro che un’unica Mente: non vi è alcun altro metodo spirituale.

Questa Mente, mai nata, da tempi senza inizio, non ha mai cessato di esistere; né blu né gialla, senza forma né aspetto, non dipende né dall’essere né dal non-essere, né dal vecchio né dal nuovo; non è né lunga né corta, né grande né piccola, aldilà di ogni delimitazione o denominazione, di là da ogni possibilità di essere percepita o considerata come un oggetto; eccola, essa è la Realtà in sé! Ma, alla prima considerazione pensativa, la si perde…

Illimitata e insormontabile si direbbe spazio vuoto! Così, questa mente-unica è il Buddha e tra il Buddha e gli esseri viventi non vi è differenza. Tuttavia, gli esseri viventi cercano sempre da qualche altra parte, attaccandosi ai fenomeni e, così facendo, perdono tutto, perché andando alla ricerca del Buddha con la loro idea del Buddha e ricercando la mente con la loro mente erronea, anche sforzandosi per interi kalpa, non potrebbero approdare a niente. Essi ignorano che il Buddha appare spontaneamente a chi cessa di evocarlo liberandosi dal processo pensativo. Questa mente, dunque, è il Buddha e il Buddha è la totalità degli esseri viventi. Quando egli è un “essere vivente”, la mente non ne viene per niente diminuita e quando essa è il Buddha, per niente aumentata. Se non credete fermamente che questa mente sia il Buddha e se volete praticare attaccandovi ai caratteri particolari (fenomeni) per ottenere i meriti, siete in preda ad un totale malinteso e così devierete dal Sentiero.

Questa mente è il Buddha. Non vi è altro Buddha e neppure altra mente. Questa mente chiara e pura somiglia allo spazio vuoto, perché in nessun punto avrà mai una forma particolare. Quando si suscita uno stato di mente particolare a causa dell’intromissione dei pensieri, ciò vuol dire deviare dalla sostanza delle cose e attaccarsi ai caratteri particolari. Ora, non si è mai visto, da tempi senza inizio, un Buddha attaccato alle “particolarità” (cioè ai fenomeni).

Esercitarsi con le sei paramita e con infinite pratiche, per diventare Buddha, significa seguire una via graduale e, da sempre, non si è mai visto qualcuno diventato “Buddha per gradi”. E’ sufficiente risvegliarsi a questa mente-unica per non aver più la minima realtà da trovare; questa è la vera Buddhità. Il Buddha e gli esseri viventi sono indifferenziati nella mente-unica che, come lo spazio vuoto, non è mai confusa e mai si deteriora. Infatti, guardate il sole che illumina il mondo intero. Al suo levare, la luce si spande sulla terra, ma lo spazio in se stesso non diviene più luminoso. E quando il sole sparisce e le tenebre ricoprono la terra, lo spazio non si oscura affatto. La luce e l’oscurità si scacciano l’un l’altra, ma lo spazio resta vuoto e immutato per sua natura. La stessa cosa accade per questa mente del Buddha e degli esseri viventi.

Vi sono alcuni che considerano il Buddha come portatore dei segni particolari di essere puro, libero e luminoso, mentre al contrario, gli esseri viventi sono portatori di qualità di esseri impuri, offuscati e incatenati al Samsara. Tuttavia, chi afferma questo, non otterrà mai il Risveglio, neanche dopo innumerevoli kalpa, poiché si attacca ai fenomeni. In questa mente-unica, quindi, non c’è nient’altro da cercare, perché la mente stessa è il Buddha.

Oggigiorno, i praticanti che non si sono risvegliati a questa mente in sostanza non fanno che produrre pensieri su pensieri, cercando il Buddha all’esterno e continuano a praticare attaccandosi ai caratteri particolari. Questo è un cattivo metodo e non la Via del Risveglio.

Huang-Po

(Tradotto dal cinese in francese da Patrick Carrè e in italiano da Cristina Martire e Alberto Mengoni)

Le origini dello Zen (Alan Watts)

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Come è impossibile spiegare la bellezza di un tramonto a un uomo cieco dalla nascita, così è impossibile ai saggi trovare le parole capaci di esprimere la loro saggezza agli uomini di intelligenza inferiore. La saggezza dei saggi non sta, infatti nel loro insegnamento; altrimenti chiunque potrebbe diventare saggio solo leggendo il Bhagavad Gita, i Dialoghi di Platone o le scritture buddiste. In realtà, potremmo studiare questi libri per tutta la vita senza diventare per nulla più saggi, perché cercare l’Illuminazione nelle parole e nelle idee è (per usare una frase del dottor Trigant Burrow) “è come sperare che la vista di un menù influisca sui processi interni di un uomo affamato e lo soddisfi.” Però, nulla è più facile che confondere la saggezza di un saggio con la sua dottrina. Perché chi non comprende la verità può facilmente scambiare per verità la spiegazione che un altro uomo gli dà di ciò che ha compreso. E tuttavia essa non è la verità, così come un cartello stradale non è la città di cui esso indica la direzione. Gautama il Buddha (l’Illuminato) si guardò bene dal descrivere l’Illuminazione che egli raggiunse mentre sedeva una notte sotto un gigantesco albero di fico a Gaya e si narra che, interrogato sui fondamentali misteri dell’universo, “mantenne un nobile silenzio”. Non si stancò mai di dire che la sua dottrina (Dharma) voleva mostrare solo la Via verso l’Illuminazione e non la proclamò mai una rivelazione dell’Illuminazione.

Di qui i versi buddisti:

Quando ti interrogano curiosi, cercando di sapere che cosa Esso sia,
Non affermare nulla, non negare nulla.
Perché ogni cosa affermata non è vera.
E ogni cosa negata non è vera.
Come potrà qualcuno dire con verità che cosa può essere,
Finché egli stesso non ha pienamente raggiunto Ciò che E’?
E dopo che l’ha raggiunto, qual parola si può mandare da una Regione
Dove il carro della parola non trova una via su cui correre?
Dunque alle loro domande offri il silenzio soltanto,
Il silenzio… è un dito che indica la via.

Però, i seguaci del Buddha hanno cercato l’Illuminazione nel dito, invece di andare in silenzio verso il luogo che esso indica; hanno riverito e seguito i suoi detti tramandati, come se fossero il reliquario della sua saggezza, e così ne hanno fatto non solo un reliquario, ma la tomba in cui la morta carcassa di quella saggezza è sepolta. Ma l’Illuminazione è una cosa viva, che non può essere irrigidita in parole; e perciò lo scopo che la scuola buddista Zen si propone è di penetrare oltre le parole e le idee per riportare in vita la visione originale del Buddha. Considera questa visione come l’unica cosa importante, e le scritture soltanto mezzi, espedienti temporanei per mostrare dove quella visione può essere ritrovata. Non cadere mai nell’errore di scambiare gli insegnamenti con la saggezza, perché lo Zen è essenzialmente quel “qualcosa” che determina la differenza fra un Buddha e un uomo comune; è l’Illuminazione contrapposta alla dottrina.

Mahamudra (Tilopa)

tilopa

Una meditazione antica di 1000 anni sempre attuale. A chi pensa che prendere alla lettera e applicare questi insegnamenti è al di là delle possibilità umane, è bene chiarire che per raggiungere Mahamudra non occorre un costante e totale distacco che ci rende indifferenti a tutto o galleggiare nel vuoto. Quando riusciamo (come con il Rebirthing e l’autoindagine) a distaccarci anche solo momentaneamente, dai desideri, dalle paure, dalle aspettative e a guardarci all’interno oltre le identificazioni e cogliamo la natura del Sé abbiamo possibilità di accedere ad attimi illuminanti in cui si coglie la liberazione dai vincoli dell’ego che dispensa Mahamudra. Ciò permette di cogliere con un atteggiamento di fondo profondamente diverso la vita di ogni giorno. Non facciamo niente di speciale e da fuori non si nota nessun cambiamento, ma interiormente siamo in pace perché si sono sciolti i nodi e conflitti inutili.

Tilopa fu un mahasiddha indiano del Buddhismo Vajrayana e inventore del sistema di pratica spirituale noto come Mahamudra volto al conseguimento veloce dell’illuminazione. Viene considerato il primo patriarca della tradizione Kagyu (bKa’-rgyud) del Buddhismo tibetano e nove suoi libri sono conservati, tradotti, nel canone tibetano.  

(Libera traduzione di Filippo Falzoni G. della versione Inglese di K. Dowman, riprodotta per gentile concessione.

Le Istruzioni del Mahamudra di Tilopa a Naropa in Ventotto Versi

Omaggio agli ottantaquattro Mahasiddha, Omaggio al Mahamudra, Omaggio alla Vajra Dakini

Il Mahamudra non può essere insegnato,
ma, intelligente Naropa
poiché hai affrontato i dolori dell’esistenza rimanendo fedele al tuo Sé
(poiché hai attraversato l’austerità con sopportazione del dolore e devozione al tuo Guru),
prendi a cuore questo insegnamento segreto.

Il Vuoto ha supporto in qualche luogo? Sopra che cosa riposa?
Come lo spazio Mahamudra non dipende da nulla.
Rilassati e stabilisciti nel continuum della purezza incontaminata.
E l’allentarsi dei legami e la liberazione sono certi.

Guardando intensamente il cielo vuoto, le visioni cessano,
allo stesso modo quando la mente guarda dentro se stessa
il treno dei pensieri concettuali e discorsivi si ferma
e la suprema illuminazione è raggiunta.

Come la nebbia del mattino si dissolve nell’aria sottile,
non va da nessuna parte ma cessa d’esistere,
così, quando riconosci la vera natura della tua mente
le onde della concettualizzazione e tutte le creazioni mentali si dissolvono. 

Lo spazio puro non ha né colore ne forma
E non può essere macchiato né di bianco né di nero;
così anche l’essenza della mente è oltre il colore e la forma,
e non può essere macchiata da azioni bianche o nere. 

L’oscurità di migliaia di eoni non ha il potere
di diminuire la chiarezza cristallina del cuore del sole;
allo stesso modo eoni di samsara non hanno il potere
di velare la chiara luce dell’essenza della mente 

Benché lo spazio sia considerato vuoto in realtà è inesprimibile.
Benché la mente sia chiamata chiara luce
qualunque definizione è una finzione verbale senza basi.

La natura originale della mente è come lo spazio
Pervade e abbraccia ogni cosa sotto il sole.

Fermati e stai rilassato in genuina semplicità,
stai quieto e lascia che i suoni riverberino come echi,
mantieni la mente silenziosa e osserva la fine di tutti i mondi.

Il corpo è essenzialmente vuoto come lo stelo di una canna,
e la mente, come lo spazio puro, trascende completamente il mondo del pensiero:
rilassati nella tua natura intrinseca, senza né abbandono né controllo.
La mente senza obiettivi è Mahamudra,
e con il perfezionamento della pratica l’illuminazione è raggiunta.

La chiara luce di Mahamudra non può essere rivelata
dalle scritture canoniche o dai trattati di metafisica
del Mantravada, delle Paramita o del Tripitaka.
La chiara luce è velata dai concetti e dalle idee. 

Ospitando precetti rigidi il vero Samaya è compromesso,
con la cessazione dell’attività mentale tutte le nozioni fisse sono placate;
quando il moto ondoso è tutt’uno con le profondità pacifiche,
quando la mente non si allontana mai dall’indeterminato, la verità non concettuale,
l’ininterrotto Samaya è una lampada accesa nell’oscurità spirituale.

Libera da concetti intellettuali, disconoscendo i principi dogmatici,
la verità di ogni scuola e di ogni scrittura è rivelata.
Assorto nel Mahamudra, sei libero dalla prigione del samsara;
in Mahamudra la colpa e le negatività sono consumate
e come maestro di Mahamudra tu sei la luce della Dottrina. 

Il folle nella sua ignoranza disdegnando Mahamudra
Non conosce altro che la lotta nel flusso del samsara.
Abbi compassione di coloro che soffrono di costante ansietà!
Malato d’implacabile dolore e desideroso di sollievo aderisci a un maestro,
perché quando le sue benedizioni toccheranno il tuo cuore la mente sarà liberata.

KYE HO! Ascolta con gioia!

L’investimento nel samsara è inutile ed è causa di ogni ansietà.
Poiché il coinvolgimento con il mondo è inutile cerca il cuore della realtà!
Nel trascendere le dualità della mente vi è la Visione Suprema;
in una mente calma e silenziosa vi è la Suprema Meditazione,
nella spontaneità la Suprema Attività.
E quando sono morte tutte le speranze e tutte le paure la meta è raggiunta.

Oltre tutte le immagini mentali, la mente è naturalmente chiara:
non seguire alcun sentiero per seguire il sentiero dei Buddha;
non utilizzare alcuna tecnica per raggiungere la suprema illuminazione.

KYE MA! Ascolta con compassione

Con l’intuizione del dispiacere della condizione mondana,
comprendendo che nulla può durare, che tutto è un’illusione come un sogno,
illusione senza significato che produce frustrazione e noia,
Girati dall’altra parte e abbandona gli scopi mondani,

Recidi il coinvolgimento con la patria e i conoscenti
e medita da solo in ritiro dal mondo,
esisti in uno stato di non meditazione
e ottenendo il non ottenimento ottieni Mahamudra.

Un albero diffonde i suoi rami e produce le foglie,
ma quando le radici sono tagliate il fogliame appassisce.
Così anche quando la radice della mente è recisa,
i rami dell’albero del samsara muoiono. 

Una sola lampada annulla l’oscurità di migliaia di eoni;
allo stesso modo un singolo lampo della chiara luce della mente,
cancella alla radice eoni di condizionamento karmico e cecità spirituale.

KYE HO! Ascolta con gioia!

La verità oltre la mente non può essere afferrata da nessuna facoltà della mente;
Il significato di non-azione non può essere inteso da un’attività compulsiva;
realizzare il significato di non-azione è al di là della mente,
Taglia la mente alla sua radice e resta nella nuda consapevolezza.
Lascia che le acque fangose dell’attività mentale scompaiano. 

Evita le proiezioni sia positive sia negative,
abbandona le apparenze:
il mondo fenomenico, senza aggiunte o sottrazioni, è Mahamudra.

La base non nata onnipresente dissolve impulsi e illusioni.
Non essere presuntuoso o calcolatore, ma riposa nell’essenza non nata
e lascia che tutti i concetti su di te e sull’universo si sciolgano.

La più alta visione apre ogni porta,
la più alta meditazione scandaglia profondità infinite,
la più alta attività non è governata tuttavia è decisiva,
e la più alta meta è l’essere ordinario privo di speranza e paura. 

All’inizio il vostro karma è come un fiume che cade in una gola,
a metà del corso fluisce dolcemente come un meandro del fiume Gange;
e infine, quando il fiume arriva ad unirsi all’oceano,
si dissolve come l’incontro di madre e figlio. 

Se la mente è pigra e non sei in grado di mettere in pratica queste istruzioni,
mantenendo il respiro essenziale ed espellendo la linfa della consapevolezza,
praticando l’attenzione e metodi per mettere a fuoco la mente
disciplina te stesso sino a dimorare nello stato di totale consapevolezza.

 Quando servi un karmamudra (una sposa), sorgerà
la pura consapevolezza della beatitudine e del vuoto,
composta da un’unione benedetta di intuizione e di mezzi opportuni,
lentamente scendi e trattieni e porta indietro la bodhicitta,
e conducendola alla fonte, satura l’intero corpo.
(Questi versi riguardano la sessualità tantrica come strumento di salute e sviluppo).

Ma, questa consapevolezza si presenta solo se la lussuria e l’attaccamento sono assenti.
Poi guadagnando lunga vita e giovinezza, brillante come la luna,
radiante e chiaro, con la forza di un leone.
Potrai guadagnare rapidamente potere mondano e l’illuminazione Suprema.
Possa questa istruzione essenza di Mahamudra rimanere nel cuore degli esseri fortunati.

FILIPPO FALZONI GALLERANI