Respirazione e autoindagine

Vivere il presente con una consapevolezza non condizionata dal pensiero, in spontanea sintonia con l’attimo, implica il contatto con la propria Essenza: il Sé transpersonale.

Nel silenzio di una mente serena, possiamo riconoscere che la coscienza libera dalla schiavitù dei pensieri è per sua natura in rapporto armonico con il Cosmo. Siamo una sola cosa con la realtà invisibile costituita da miliardi di particelle che compongono il corpo fisico, frutto di milioni d’anni d’evoluzione. Per loro natura le particelle subatomiche che ci compongono sconfinano in dimensioni oltre lo spazio e il tempo. Siamo la somma del processo evolutivo del cosmo dal Big Bang a ora, ma anche del nulla che precede la manifestazione. Siamo prodotto della misteriosa intelligenza-energia-consapevolezza da cui emana la Natura e il Cosmo, e siamo anche il vuoto in cui ha luogo tutto lo spettacolo.
I cento miliardi di neuroni del nostro cervello, ognuno dei quali ha diecimila connessioni con gli altri, fanno del cervello il pezzo di materia più organizzata che l’uomo conosca nell’universo. L’intelligenza che la mente umana può manifestare nell’arte, nella filosofia e nello sviluppo tecnologico, è ben piccola cosa rispetto a quell’intelligenza che ha organizzato il sistema nervoso. Questo straordinario strumento è indispensabile perché arte, religione e scienza possano essere soltanto immaginate.
I saggi di ogni tempo e gli scienziati più illuminati riconoscono che l’uomo può risolvere i suoi problemi solo riconoscendo la propria Unità con la Vita e ritrovando la sorgente di quest’intelligenza-consapevolezza intrinseca alla natura.
L’individuo deve superare l’identificazione con l’immagine di sé che ha costruito, il personaggio che immagina di essere o diventare, sempre alla vana ricerca felicità.
La felicità, infatti, non potrà mai essere raggiunta da una prospettiva egoistica. L’identificazione con l’ego, con la di divisione che produce, è la vera causa della sofferenza e dell’ansia, delle guerre e dei disordini sociali.
La distruzione della natura, non deriva dall’inquinamento e dalla cementificazione, ma dall’egoismo e dall’avidità che producono attività distruttive.
La ricerca del piacere non conduce alla felicità, ma alla frustrazione. I desideri dalla prospettiva egocentrica non potranno mai essere soddisfatti definitivamente, perché, come per la linea dell’orizzonte, appena abbiamo raggiunto la meta, vediamo spostarsi più avanti l’obbiettivo.

CONOSCI TE STESSO

Conosci te stesso e conoscerai l’universo e gli dei”, che si trovava scritto sul tempio dell’oracolo di Delfi, e ripetuto dai saggi in mille modi e con infinite metafore. La psicologia del profondo e la filosofia Orientale sono concordi nell’indicare nell’autoindagine la via del risveglio dall’inganno dell’ego e metodi per superare la separazione tra chi vive e la vita stessa che l’ego crea. L’Unità che è la vera salute Olistica.
In tempi moderni le pratiche di Breathwork sono una via diretta per attingere al mondo interiore e per riconoscere le dinamiche inconsce e i giochi dell’io, poiché nella presenza mentale alle sensazioni si evitano ostacoli creati dal pensiero, poiché non si tratta di capire e interpretare, ma di sperimentare direttamente la Verità.
Ma da secoli si trovano delle pratiche basate sulla respirazione per stabilire il contatto con l’energia e l’Essenza. Il Buddha storico ad esempio ha insegnato la respirazione Vipassana e i maestri di ogni tempo hanno riconosciuto nel respiro una via rapida per accedere alla consapevolezza del Sé.
Attraverso il respiro, il corpo si armonizza e le funzioni organiche trovano il giusto equilibrio, la mente si placa ritrovando contatto con il presente non concettuale e le percezioni interiori diventano nitide e chiare. In questo stato non è raro che l’Unità della Vita appaia auto-evidente.
La prospettiva Transpersonale alla pratica della respirazione è fondamentale perché ogni metodo, insegnato, appreso e applicato con un approccio narcisistico, si rivelerà autofrustrante e inutile. Anziché alla liberazione, ogni tecnica applicata in tal modo conduce a illusioni egocentriche ancor più ingannevoli e “non ci sono peggiori illusioni che quelle che l’uomo crea per liberarsi dall’illusione…
James Hillman ci ha spesso ricordato che i fallimenti della psicanalisi e della psicoterapia in genere dipendono proprio dal narcisismo che domina i terapeuti stessi.
Il Jung infatti si compiaceva di non essere “Junghiano”. Diceva che nel momento in cui incontrava un paziente dimenticava qualunque teoria e permetteva all’inconscio di interagire e di guidare l’esperienza. Non s’identificava con un agente esterno con il compito di dirigere il paziente verso una meta, ma entrava in spontanea interazione con l’altro e in un rapporto dialogico consapevole delle istanze psichiche che emergevano dove la differenziazione e l’integrazione, facilitavano che il processo d’individuazione, avesse luogo nel qui e ora.
Con la respirazione, è più facile accedere a questo sentire immediato, a questa presenza senza aspettative libera da preconcetti che con la semplice meditazione. Ma è sempre cruciale un atteggiamento indirizzato al Transpersonale, che abbia cioè riconosciuto l’illusione del “me” come oggetto.
Tale atteggiamento, che Ramana Maharishi e altri saggi chiamano lo Stato Naturale, è espressione spontanea della consapevolezza non imprigionata dalle gabbie del pensiero.
Non si ricercano fenomeni psichici o esperienze mistiche, ma, si osserva per immedesimazione ciò che li cerca…
Essenzialmente la Psicologia Transpersonale è una versione moderna della Filosofia Perenne e delle tecniche d’autoconoscenza e autotrascendenza che l’umanità ha sviluppato nel corso degli ultimi 30 secoli. Antiche intuizioni sulla natura dell’Essere trovano conferme negli sviluppi della Scienza contemporanea e i nuovi paradigmi quantistico-relativistici conducono a intuire la realtà Olistica dell’Universo e della Coscienza in cui esso si specchia.
La Coscienza è vista come l’interfaccia della materia; la materia è energia fluttuante in uno spazio-tempo relativo. Gli antichi simboli acquistano qui significato coerente Shiva è il Sé, il l’immobile eterno testimone di Mahamaya, il mondo del divenire della manifestazione cosmica, definita anche Mahashakti o l’energia universale che anima la materia.

FILOSOFIA PERENNE

 Aldous Huxley riprese il termine Filosofia Perenne[1] che già Leibniz aveva ripreso da Steuco riconobbe che alla base delle Filosofia Perenne ci sono queste quattro assunzioni fondamentali:

1: Il mondo fenomenico di materia e di coscienza individualizzata, il mondo delle cose, degli animali, degli uomini e persino degli dei, è la manifestazione di una base o substrato Divino all’interno del quale tutte le realtà parziali hanno il loro essere e separate dal quale sarebbero inesistenti.
2: Gli esseri umani sono in grado non solo di conoscere la Base Divina per pura inferenza, ma possono anche realizzare la sua esistenza attraverso l’intuizione diretta, superiore al pensiero discorsivo. La conoscenza immediata che unisce il conoscitore con la cosa conosciuta.
3: L’uomo possiede una duplice natura, un ego fenomenico e un Sé eterno che è l’uomo interiore, lo spirito, la scintilla del divino nell’anima. È possibile per l’uomo, se lo desidera, identificarsi con lo spirito e quindi con la Base Divina che è della stessa natura dello spirito.
4: La vita dell’uomo sulla terra ha un solo scopo e fine, identificarsi con il Sé eterno e così giungere alla conoscenza unitiva della Base Divina.

Gli Indù affermano che chi non vive direttamente gli insegnamenti è come il pastore di mucche altrui. Nell’Islam, si dice che il filosofo che non sperimenta la sua metafisica è come un asino carico di libri.
Quando si è sentito il richiamo dal profondo all’autoindagine, e ci rivolge alla sorgente dell’“io sono” si inizia a intuire la natura impersonale della coscienza. Ciò permette di percepire oltre all’ego e al pensiero la luminosa trasparenza una coscienza senza confini di che vive nell’Eterno Ora.
Qui la mente sgombra, risponde in sintonia spontanea alle richieste del momento, libera dal conflitto della separazione, dalla nevrosi e dall’ansia del domani. Qui la vita reale si manifesta nella sanità.
Keats scriveva: “Chiama il mondo la valle del fare anima. Così saprai a che cosa serve il mondo”[2].
La vita nella sua pienezza di luci e ombre diventa l’avventura della coscienza e il risveglio dall’illusione del tempo. Si vive nel qui e ora in un mondo sempre nuovo, liberi dai condizionamenti; moriamo e rinasciamo ogni attimo, liberi da qualunque preoccupazione per i personaggi che appaiono sulla scena. Questa consapevolezza del rapporto tra noi e gli eventi offre profondità e chiarezza, è la fine del tempo in cui si assapora l’attimo eterno.
Vivendo in “presa diretta” senza il filtro del pensiero l’io scompare. Il passato è solo ricordo (anch’esso mutevole a ogni fluttuazione dell’umore) e il futuro fantasia… seguivamo fantasmi senza vedere la realtà, ora possiamo godere dell’Essere, ora sentiamo di essere una cosa sola con Sat Cit Ananda[3].
Quando ci dissolviamo davvero nel Sé senza forma, non separato dal mondo della manifestazione, un cosmo senza confini, possiamo affidarci al potere che è a monte di tutti i fenomeni e fluire con la vita stessa.
Inconoscibile e privo di attributi, il Sé è autoevidente come lo spazio. Come lo spazio tuttavia non lo si può definire come qualcosa di concreto e visibile. Non possiamo afferrare lo spazio e la scienza moderna dimostra che è inseparabile dal tempo. Possiamo descrivere solo ciò che contiene, ma tutto ciò che esiste, esiste solo all’interno dello spazio-tempo.
Siamo già in ogni istante e da sempre la sorgente dello spazio tempo a monte dello stesso tessuto di questo Cosmo stupefacente e misterioso, e non occorre certamente far nulla per raggiungere ciò che è.
Non dobbiamo dividerci in due (osservatore e osservato, controllore e controllato) per prendere coscienza della coscienza; è sufficiente rendersi conto che “è” presente e non divisa già ora e da sempre e che in vero noi siamo quello.
È così e ce ne accorgiamo se non interferiamo con concetti mentali, ma resta tale anche quando la mente ci inganna con il senso di separazione. Come Consapevolezza, siamo co-creatori del mondo fenomenico, noi stessi siamo il substrato Divino all’interno del quale tutte le realtà parziali e le antinomie complementari appaiono e si dissolvono.
Sullo schermo di questa consapevolezza appare l’io, e quando ne abbiamo compreso la natura relativa non ne siamo prigionieri e non prendiamo troppo sul serio le sue vicende. Possiamo vivere in armonia la nostra peculiare personalità senza essere imprigionati. Se invece siamo prigionieri di quest’immagine come fosse la sola realtà diventiamo schiavi di desideri e paure, l’idea della morte ci spaventa. Offuscata la consapevolezza del Sé ricadiamo nell’ansia e nella frustrazione.
I mistici tibetani sin dall’antichità dicono cose analoghe con metafore oggi desuete. Il termine “demone” al giorno d’oggi pare semplice superstizione ma per gli antichi rappresentava, i pensieri che ci nuocciono, quei pensieri di attaccamento egoico che sviano dalla pienezza del sé e quindi producono offuscamento e sofferenza. Si dovrebbe ricordare che termine “diavolo” etimologicamente significa: colui che divide. Riporto le parole tratte da Canti Spirituali di Ma gcig, (Machig Labdron) 1055-1149, una mistica che per i tibetani è un’incarnazione della stessa Tara, la dea protettrice di tutte le popolazioni himalayane.
Compiacersi di una teoria sulla non azione, compiacersi di una meditazione in uno stato equanime, compiacersi di una condotta priva di pensieri distraenti, compiacersi della pratica ascetica: se anche solo per poco ci si comporta in questo modo, considerandoli come oggetti, non si sta percorrendo il cammino spirituale ma quello dei demoni. Poiché la teoria e la meditazione possono essere insegnate solo attraverso simboli, non si creino nella mente concetti fissi. Riguardo alle visioni che sorgono liberamente non si creino costruzioni teoriche. Esse si manifestano senza limiti sorgendo in modo indifferenziato. Non avere alcuna teoria è la nobile pratica della Recisione dei demoni. Poiché tutto è la propria Mente spontanea, colui che medita non ha nulla su cui meditare.

[1] La “philosophia perennis” è anche il concetto centrale della “Scuola tradizionalista”, rappresentata da scrittori del XX secolo quali René Guénon, Frithjof Schuon e Ananda Coomaraswamy, e in Italia da Elémire Zolla.
[2] Per “anima”, dice J. Hillman, io intendo, prima di tutto, più che una sostanza, una prospettiva, più che una cosa in sé, una visuale sulle cose. Questa prospettiva è riflessiva essa media gli eventi e determina la differenza tra noi stessi e tutto ciò che accade. Tra noi e gli eventi, tra l’agente e l’azione, c’è un momento riflessivo, e fare anima significa differenziare questa zona intermedia.
[3] Sat Cita Ananda: Essere, Consapevolezza, Beatitudine. In essenza siamo Sat Cit Ananda.
Sat è Essenza pura e senza tempo, Cit è Consapevolezza e Ananda è beatitudine. Questa trinità è inseparabile poiché ogni aspetto interdipendente.

 

efficacia dell Rebirthing Transpersonale

La seduta di respirazione e i suoi effetti sono un processo così semplice che anche un bambino la può sperimentare con successo. La corretta applicazione del metodo è semplice ed efficace, tuttavia appena cerco di spiegare l’essenza dell’esperienza, gli argomenti che ho molto chiari in mente, messi in parole paiono complicati. Mentre mi accingo a rispondere alle domande mi è chiaro che di parole sagge ne abbiamo sentite già abbastanza. Nell’ultimo brano che ho inviato con la newsletter discutevo come gli aforismi di saggezza, finché restano solo parole, servono a poco. 
La vera comprensione e la soluzione dei problemi della mente non avvengono a livello mentale, ma è la percezione diretta della realtà obiettiva di ciò che le parole si limitano a indicare.
Nietzsche affermava che i suoi scritti non potevano essere compresi perché: “Per ciò di cui non si ha esperienza non si hanno orecchie”.

Cogliere la vita come è, senza il filtro delle concettualizzazioni, il contatto con l’intelligenza che appartiene all’energia che ci anima, sono fatti esperienziali e non concettuali. 
E’ necessario vivere in prima persona l’esperienza ineffabile dello “stato naturale”: lo stato di presenza consapevole che non vuol essere questo o quello e non s’identifica con ruoli e maschere.
Il Rebirthing Transpersonale è uno strumento efficace per andare oltre la gabbia dei pensieri e dopo aver “respirato” molti trovano comprensibile l’aforisma che prima appariva loro un arcano paradosso.
Abbiamo perso contatto con la vita perché siamo condizionati e guardiamo la realtà da una prospettiva che ci impedisce di vivere nel “qui e ora” e di esserci pienamente. Siamo frammentati e i frammenti sono spesso in conflitto tra loro.
La metafora del cervello come un computer di cui non abbiamo padronanza rende l’idea dell’incapacità umana di percepire la realtà dalla prospettiva del Sé, di sintonizzarsi con la volontà profonda, con l’anima e l’essenza.
Per cui se dovessi riassumere con una frase la mia risposta alla tua domanda sarebbe: “E’ impossibile placare la mente finché siamo identificati con il pensiero (io) e non con la Consapevolezza, con il Testimone.”
Solo una chiara percezione della realtà conduce all’armonia con la vita, all’integrazione dell’io con la totalità dell’Essere.
Come diceva Sri Nisargadatta: “Il vero Sé scaccia il falso io, tuttavia esso continua ad esistere senza contraddizione”.
Respirando possiamo calmare la mente, attivare l’energia, sintonizzarci con il presente per trascendere il pensiero e le parole e percepire la realtà dell’Essere. La mente può non volere lasciare il campo alla libertà dell’Essere perché è fortemente condizionata da secoli.
Temo che detto così possa sembrare complicato, mentre lo stato naturare, è spontaneo e privo di sforzo. Un non fare… un riconoscere la natura illusoria dell’agente del cosiddetto “io separato”. Essere veramente semplici e umani senza inseguire le mete illusorie che la mente incessantemente crea.
La vita accade spontaneamente, come spontaneamente siamo già “noi stessi” senza dover far nulla per esserlo. E non dobbiamo diventare chissà che inseguendo ideali frustranti, ma realizzare ciò che già siamo. Sii ciò che sei! 
Se seguiamo la Volontà che viene dal profondo, non c’è separazione tra pensiero e azione e siamo in presa diretta con la vita. 
E’ difficile in poche parole esprimere con concetti semplici l’ineffabile natura della coscienza.
Per questo per anni ho condiviso brani di diversi autori per integrare le prospettive e per questo scopo ho compilato le 500 pagine del volume 2 dell”’Io Trasparente” e ne ho scritte altre centinaia.
Al lettore medio che non ha esperienza diretta, anche queste parole sul “vero Sé” appariranno criptiche o astratte, mentre l’esperienza è semplice e immediata… 
Spero di essere stato in grado in queste righe di usare le parole adatte per andare oltre a esse, e di trovare sintesi chiare, comprensibili anche ai non esperti.
Se guardiamo la mente senza identificarci con le immagini mentali, se rimaniamo testimoni, e osserviamo il suo vagare con chiarezza, senza intervenire, senza volere né allontanare i pensieri, né capire perché vengono e dove portano, avviene un profondo cambiamento.
Nell’immediatezza del sentire senza alternative, creiamo le migliori condizioni perché la mente si plachi e l’intuizione ci diriga. Dobbiamo arrenderci a un’intelligenza inconscia che nasce dal silenzio. Il Testimone è il silenzio. Come il vuoto contiene le forme, così il silenzio contiene il rumore senza tuttavia perdere la propria natura. La pienezza della vita consiste appunto nell’integrazione degli opposti: Ego e Sé, vuoto e pieno, ecc.

Cogliere l’essenza della Coscienza

Come è paradossale e difficile comunicare gli aspetti più profondi e importanti della Vita! Persino enunciare delle sacrosante verità può creare problemi e portare fuori strada. Ad esempio dire: “Invece di cercare di cambiare le cose dovremmo cambiare noi stessi”, “Non cercate di cambiare il mondo, ma cambiate voi stessi”, “Sii il cambiamento che vuoi vedere nel mondo”, oppure “Non soffriamo per le circostanze della vita ma per il modo con cui le affrontiamo”, diremmo qualcosa che è confermato dalla Filosofia Perenne e dai saggi di ogni tempo.
Tuttavia se pensiamo che il “noi stessi” da cambiare sia l’immagine che ci siamo creati, se cioè ci identifichiamo con l’ego che è un’immagine costruita dal pensiero, non solo non avviene alcun cambiamento, ma siamo del tutto fuori strada. Cercando di migliorarci, peggioriamo la situazione e le conseguenze sono spesso nevrosi narcisistiche e brucianti frustrazioni.
Tanto è vero che i cosiddetti “sentieri spirituali”, che dovrebbero condurre alla libertà dall’ego, in molti casi lo rafforzano e l’inflazionano e sono note le patologie che ne derivano. Molti si identificano con un’evanescente immagine mentale e la scambiano per un’entità vivente e durevole e cadono ancor più nel samsara della lotta degli opposti.
Il vero cambiamento si manifesta quando l’ego s’arrende alla realtà e riconosce la propria irrealtà… Solo la presa di coscienza del Sé senza forma, che offre una nuova percezione dell’Essere nel qui e ora, fa sì che possiamo agire con spontaneità, con il coraggio e la lucidità necessari per affrontare la vita con intelligenza ed efficacia e giungere all’autorealizzazione.
L’ansia creata dal pensiero anticipatorio, che si è perduto tra possibilità e alternative, paralizza l’intelligenza. La mente confusa dall’ansia non è in grado di affrontare la realtà con attenzione incondizionata. Solo il risveglio di una consapevolezza non frammentata, libera dalla prigione del tempo, conduce all’Unità della Vita. Finalmente si diventa se stessi senza che ci sia qualcuno da impersonare nel “flusso armonico del divenire”.

La liberazione non è mai della persona ma dalla persona!

La gente comune è di solito così coinvolta da fatti personali d’ogni tipo e da una nube di pensieri disordinati, da trovare difficile riflettere sulla radice essenziale di tutti i problemi e così ignora la via che potrebbe risolvere tutti i problemi del vivere. Si teme il confronto con l’ombra, il riconoscimento dell’autoinganno dell’ego. Ma è necessario scendere nel buio interiore per svelare le illusioni mentali che condizionano il vivere. E’ necessario riconoscere che stiamo sognando per svegliarci e vedere le cose con chiarezza attraverso una mente quieta e trasparente.
Per questo la respirazione che utilizzo nella pratica professionale si rivela un catalizzatore molto efficace per bypassare la mente, cogliere l’ineffabile energia che ci anima e intuire il Sé dietro la maschera. Ma se non si sono bene compresi i tranelli della mente, una momentanea estasi non è trasformativa, ben presto diventa ricordo e l’ego se ne impossessa come fosse una credenziale a suo sostegno. La memoria e la fantasia a loro volta possono creare ulteriori illusioni, mentre una nuova maschera ci imprigiona.
Si evita la ricaduta nell’imprigionamento nell’ego immagine, che sempre si nasconde in subdole vesti, comprendendo la stoffa e la sostanza della maschera. Quando la riconosciamo con chiarezza, la maschera si dissolve e ritroviamo il flusso spontaneo del vivere. Ci accorgiamo allora di non aver bisogno di sostenere una parte e neppure di identificarci con la storia personale per vivere in pienezza e autenticità.

Filippo Falzoni Gallerani, Milano, febbraio 2019

I Maestri cinesi dello Zen (Huang-Po)

Tratto dall’originale cinese di P’ei-Hsiu

Il Maestro disse:

Tutti i Buddha e tutti gli esseri viventi non sono altro che un’unica Mente: non vi è alcun altro metodo spirituale.

Questa Mente, mai nata, da tempi senza inizio, non ha mai cessato di esistere; né blu né gialla, senza forma né aspetto, non dipende né dall’essere né dal non-essere, né dal vecchio né dal nuovo; non è né lunga né corta, né grande né piccola, aldilà di ogni delimitazione o denominazione, di là da ogni possibilità di essere percepita o considerata come un oggetto; eccola, essa è la Realtà in sé! Ma, alla prima considerazione pensativa, la si perde…

Illimitata e insormontabile si direbbe spazio vuoto! Così, questa mente-unica è il Buddha e tra il Buddha e gli esseri viventi non vi è differenza. Tuttavia, gli esseri viventi cercano sempre da qualche altra parte, attaccandosi ai fenomeni e, così facendo, perdono tutto, perché andando alla ricerca del Buddha con la loro idea del Buddha e ricercando la mente con la loro mente erronea, anche sforzandosi per interi kalpa, non potrebbero approdare a niente. Essi ignorano che il Buddha appare spontaneamente a chi cessa di evocarlo liberandosi dal processo pensativo. Questa mente, dunque, è il Buddha e il Buddha è la totalità degli esseri viventi. Quando egli è un “essere vivente”, la mente non ne viene per niente diminuita e quando essa è il Buddha, per niente aumentata. Se non credete fermamente che questa mente sia il Buddha e se volete praticare attaccandovi ai caratteri particolari (fenomeni) per ottenere i meriti, siete in preda ad un totale malinteso e così devierete dal Sentiero.

Questa mente è il Buddha. Non vi è altro Buddha e neppure altra mente. Questa mente chiara e pura somiglia allo spazio vuoto, perché in nessun punto avrà mai una forma particolare. Quando si suscita uno stato di mente particolare a causa dell’intromissione dei pensieri, ciò vuol dire deviare dalla sostanza delle cose e attaccarsi ai caratteri particolari. Ora, non si è mai visto, da tempi senza inizio, un Buddha attaccato alle “particolarità” (cioè ai fenomeni).

Esercitarsi con le sei paramita e con infinite pratiche, per diventare Buddha, significa seguire una via graduale e, da sempre, non si è mai visto qualcuno diventato “Buddha per gradi”. E’ sufficiente risvegliarsi a questa mente-unica per non aver più la minima realtà da trovare; questa è la vera Buddhità. Il Buddha e gli esseri viventi sono indifferenziati nella mente-unica che, come lo spazio vuoto, non è mai confusa e mai si deteriora. Infatti, guardate il sole che illumina il mondo intero. Al suo levare, la luce si spande sulla terra, ma lo spazio in se stesso non diviene più luminoso. E quando il sole sparisce e le tenebre ricoprono la terra, lo spazio non si oscura affatto. La luce e l’oscurità si scacciano l’un l’altra, ma lo spazio resta vuoto e immutato per sua natura. La stessa cosa accade per questa mente del Buddha e degli esseri viventi.

Vi sono alcuni che considerano il Buddha come portatore dei segni particolari di essere puro, libero e luminoso, mentre al contrario, gli esseri viventi sono portatori di qualità di esseri impuri, offuscati e incatenati al Samsara. Tuttavia, chi afferma questo, non otterrà mai il Risveglio, neanche dopo innumerevoli kalpa, poiché si attacca ai fenomeni. In questa mente-unica, quindi, non c’è nient’altro da cercare, perché la mente stessa è il Buddha.

Oggigiorno, i praticanti che non si sono risvegliati a questa mente in sostanza non fanno che produrre pensieri su pensieri, cercando il Buddha all’esterno e continuano a praticare attaccandosi ai caratteri particolari. Questo è un cattivo metodo e non la Via del Risveglio.

Huang-Po

(Tradotto dal cinese in francese da Patrick Carrè e in italiano da Cristina Martire e Alberto Mengoni)

Serenità e fortuna

“Mi è sempre stato chiaro che la teoria New Age, secondo la quale immaginando una cosa con convinzione la si fa accadere, fosse ingannevole. E’ ovvio che avere in mente un progetto chiaro è utile quando si tratta di faccende materiali e concrete, ma quando ci si addentra nella conoscenza di sé o in un percorso di individuazione e liberazione queste idee di automiglioramento diventano dannose e allontanano dalla realtà. Per questo quando sentii parlare per la prima volta della cosiddetta “legge di attrazione” (che probabilmente è stata tratta da “Course in Miracles”, i tre volumi di moda negli anni ’80 sul potere della fede e del pensiero), mi parve subito un’ennesima illusione che trova un lucroso mercato nel variegato mondo dei nuovi approcci pseudo-spirituali, dove troviamo un confuso mix di filosofie orientali mal comprese, di teorie scientifiche banalizzate e di medicina alternativa senza basi concrete. Con questo non intendo screditare tutte le scuole di questo tipo o la medicina alternativa in genere che, quando ben applicata, è spesso più efficace e priva di controindicazioni della medicina tradizionale. Ma purtroppo nell’era di internet chiunque si può proclamare maestro e trovare seguaci anche se diffonde le teorie più assurde. Questo, oltre a danneggiare gli ingenui che si affidano a questi falsi maestri, scredita i seri ricercatori, le tecniche valide e la vera conoscenza. La “legge di attrazione”, per come viene in genere presentata, ha un certo successo perché indica reali possibilità latenti nell’individuo che tuttavia hanno ben poco a che vedere con i metodi proposti dalla teoria stessa.

Invero è possibile entrare nel flusso delle sincronicità armoniche, ma si tratta di stati dell’essere che non sono frutto del pensiero intenzionale, come erroneamente si insegna. Esiste la possibilità di una trasformazione che può dare una direzione positiva al destino, ma non può essere indotta dal desiderio e dalla riprogrammazione mentale. Le tecniche del “pensiero creativo” o l’uso delle “affermazioni positive”, che si pretende faranno andare tutto per il meglio, mi sono sempre sembrate ingannevoli e recenti ricerche su un gran numero di ex praticanti lo hanno confermato. Già da ragazzo mi ero reso conto che i momenti d’esaltazione e ottimismo spesso conducono in errore e attirano pesanti lezioni dalla vita, mentre momenti di accettazione della propria incapacità e coscienza dei propri limiti sono spesso forieri di occasioni fortunate. Quando si crede di aver capito tutto e di avere il controllo, eventi indesiderati presto ci disilludono. In questo senso i pensieri positivi non attraggono belle cose, anzi! L’autostima facilmente diventa hybris o nevrosi narcisistica. In passato ogni delusione di questo tipo mi riconduceva a momenti di introversione che mettevano in luce che nella mente albergavano contraddizioni e conflitti di diversa natura. Sapere che questa condizione psicologica fosse connaturata all’uomo, tanto da essere considerata normale, non mi era di gran sollievo. Il raggiungimento di scopi e la soddisfazione di desideri, inoltre, non era ciò che soddisfaceva i bisogni più profondi. Cercavo la “liberazione” ed ero convinto che fosse una meta raggiungibile, seppur inafferrabile ed elusiva, qualcosa che sapevo di aver assaporato e perduto molte volte. Cercavo con gli strumenti della psicologia, con lo studio dei testi classici e con diverse pratiche psicofisiche, di risolvere i conflitti interiori. Ma per anni vittorie e sconfitte si sono alternate senza darmi una stabile serenità e pienezza. In un certo senso anche quando avevo una buona vita e stavo bene, mi accorgevo di non essere mai del tutto soddisfatto. Di certo se ci si confronta con l’ideale non si sarà mai contenti, ma comunque mi pareva che mancasse qualcosa che non sapevo identificare e che i beni materiali non potevano soddisfare. La ricerca pareva girare attorno a una specie di mancanza di amore per la vita così com’è. Jiddu Krishnamurti direbbe: “il confronto tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere”, che spinge a una frustrante ricerca di automiglioramento senza fine. Imparare a memoria i testi dei saggi, incontrare maestri risvegliati e meditare in eremitaggi sull’Himalaya non sembrava sufficiente e neppure l’analisi junghiana, lo Yoga, le esperienze con le piante sacre e le diete purificanti. Solo dopo parecchi anni di ricerca ebbi, nel modo più inaspettato, un’esperienza interiore davvero trasformativa che a distanza di anni considero un vero risveglio. E’ impossibile definire con le parole quell’esperienza in cui è come se avessi compreso che “cercavo il cercatore”, che ero già “il me stesso” che cercavo, e non ero un mero prodotto del pensiero e del tempo. Seppure impossibile proverò a descriverne alcuni effetti. E’ stato come vedere la realtà autoevidente che come un’onda non è separata dal mare e dipende dal mare sotto ogni aspetto, allo stesso modo l’individuo è espressione della Vita. Come percepire la vita nel suo insieme, in un flusso continuo e indiviso, in cui non c’era un io-separato dalla scena. La realtà: una manifestazione sullo sfondo di un continuo presente senza tempo. Percepire che la vita mi agiva, del tutto al di là di ogni pretesa di controllo dell’io-persona. Era assurdo cercare di migliorare quel “me”, qualcosa che non esisteva nella realtà, se non come concetto mentale. Le coppie di opposti erano ricomposte in unità senza lacune. Ma le parole sono del tutto inadeguate ad esprimerlo. Cambiata la prospettiva, tutti i conflitti interiori che avevo cercato invano di risolvere non avevano affatto bisogno di essere risolti, perché esistevano a un livello che non mi toccava più. Erano solo pensieri, creazioni illusorie di un altrettanto illusorio “io”… Era evidente che non ero un pensiero e che le radici della coscienza che mi animano erano la Vita stessa nella sua pienezza, oltre qualunque concetto. Tutte queste cose le avevo lette e studiate negli anni, ma in quel momento ne sentii la realtà autoevidente. Potrei elencare un gran numero di prospettive coesistenti che comunque non potrebbero rendere attuale l’esperienza. In precedenza avevo già provato stati transpersonali in cui avevo percepito una simile realtà. Ma erano stati momenti passeggeri di cui la mente presto si impossessava. Concettualizzandoli ne perdevo la sostanza e presto diventavano un ricordo del passato e l’ego ritornava in prima fila. In questo caso, invece, non si trattava di uno stato di rapimento meditativo, o uno stato fuori dall’ordinario, non era un’esperienza, ma un riconoscimento della cosa più evidente e sostanziale riguardo alla natura del “me”, che non mi ha più lasciato.

Non potrai percorrere il sentiero prima di essere diventato il sentiero stesso

Appena ho smesso di sprecare energie alle prese con i falsi problemi dell’ego, ho percepito un’onda di chiarezza e di forza interiore che dispensava coraggio e benessere. Erano scomparsi ogni bisogno, ogni mancanza, era finita la divisione tra il giudicante e il giudicato, non c’era più di che essere insoddisfatti. La vita non aveva più nulla di problematico, non c’era nulla da temere, e anche l’enigma di “essere e non essere” non era un problema, anzi dava profondità e mistero alla quotidianità. In questo flusso, non ci sono immagini personali da sostenere, nessun bisogno di apparire agli altri in un modo o in un altro, nulla da mostrare e non siamo neppure qualcuno che ha raggiunto qualcosa. A questo punto l’Essere indiviso nel suo fluire si manifesta senza sforzo. L’assenza di ostacoli inutili e di conflitti interiori è lo stato della normale attività della mente che finalmente si è arresa alla totalità dell’Essere in un auto-accadere spontaneo e fluido. Non desiderando e non temendo, non temendo il timore né desiderando il non desiderio, prendendo la vita come viene secondo ciò che l’attimo richiede, tutto pare trovare un ordine ed un’armonia che vista dall’esterno sembra solo buona fortuna. Dicendo questo sembra che io riaffermi la legge di attrazione e il pensiero creativo, cioè se cambiamo noi cambia il mondo. E’ qui che credo sia necessario chiarire bene la differenza che è tanto radicale da apparire l’esatto opposto. Il surrender è la fine dell’io che vuole automigliorarsi… Coloro che insegnano la legge d’attrazione, suggeriscono di riprogrammare il cervello e sostituire i programmi negativi che producono insicurezza e conflitto con programmi di incoraggiamento e successo. In questo modo ciò che è programmato si traveste da programmatore per riprogrammarsi… Mentre è proprio quando non c’è più un io, né la presunzione di programmare, proprio quando non voglio nulla e non mi sento qualcuno, che la fortuna mi stupisce. Tutto va come deve e anche apparenti contrattempi si rivelano la miglior cosa in un contesto più ampio, come quando perdiamo l’aereo che poi sarebbe precipitato. E’ piuttosto una consapevolezza impersonale, senza desideri e alternative ad attirare le sincronicità armoniche e le coincidenze positive. E’ la fine di ogni pretesa e controllo. Il cammino di certo non ha nulla a che vedere con intenzionali riprogrammazioni, neppure con la pretesa di sapere che cosa programmare. Oltretutto dovremmo ricordare che il programmatore e il programmato esistono solo nell’immaginazione. Il dissolversi dell’io, la fine dell’autoinganno è una cosa seria, un impegnativo cammino di disillusione per il quale ci vuole molta attenzione ed energia. Reagire ai problemi quando la mente non vede chiaramente l’illusione dell’ego anziché risolverli, li amplifica. Arrendersi alla Realtà e riconoscere la natura del sé è un compito difficile, ben diverso da esercizi mentali per influenzare l’inconscio ecc. La conoscenza di sé conduce alla liberazione, ma è necessario ricercare nella giusta direzione e applicare, con coerenza, pratiche esperienziali efficaci.

Più di mille anni fa diceva Huang Po, importante maestro della scuola buddhista Zen cinese: “Quando l’Illuminazione è compiuta, egli non è libero dalla schiavitù delle cose, ma non cerca di essere liberato dalle cose. Il Samsara non è odiato da lui né egli ama il Nirvana. Quando raggiunge la perfetta illuminazione, essa non è né schiavitù né liberazione”.  

Filippo Falzoni Gallerani, Milano, ottobre 2017

FILIPPO FALZONI GALLERANI